Vita mia, ritorna in libreria l’autobiografia di Pietro Consagra

di Costanza Tannaro –

Pietro Consagra è stato uno scultore italiano molto importante (Mazara del Vallo,1920- Milano 2005) anche se, forse, non amato moltissimo nel nostro paese. Le sue opere si conservano in prestigiose raccolte pubbliche all’estero, dagli Stati Uniti alla Croazia, dal Canada alla Francia più che nel Bel paese. Va segnalato, però, che in Italia ci sono sculture dell’artista siciliano in tantissimi archivi e musei come per esempio  la Pinacoteca di Brera, senza poi dimenticare la sua opera a Gibellina.

P. Consagra – Stele a Gibellina

Ora per i tipi di SKIRA torna in libreria Vita Mia la sua struggente autobiografia pubblicata  per la prima volta nel 1980. Innanzi tutto, dobbiamo dire che è scritto benissimo. Lo scrittore Andrea Kerbaker, nel presentarlo, ha accumunato la scrittura  di Consagra a quella di Natalia Ginzburg, una delle nostre migliori e originali narratrici. Un paragone sorprendente, ma a noi sembra vero. C’è la stessa autenticità e asciuttezza nel descrivere e raccontare fatti ed avvenimenti drammatici.

 La giovinezza di Pietro Consagra è segnata dal fascismo e dalla guerra: nasce in una famiglia siciliana poverissima  e, solo per caso, ma soprattutto per le sue straordinarie capacità, riesce a studiare a Palermo. Nel 1944, va a Roma con Guttuso entrambi iscritti al Partito Comunista Italiano. Un Pci che sa essere egemonico tra gli  intellettuali e tenta di “dare la linea” alle arti come alla cultura. Consagra ha il coraggio di essere “contro” quella linea. Cosa non propriamente facile in quei tempi, anzi, estremamente coraggiosa e coerente. In Vita mia racconta di quelle discussioni e tensioni fra militanti, artisti e  potere. Una biografia che diviene così anche un documento  per chi è interessato  quella stagione storica.

Vita Mia consente anche la comprensione della vivacità estrema del mondo dell’arte italiano  negli anni Sessanta. Consagra, come altri pittori e scultori, dovette difendersi e fronteggiare l’invasione culturale degli Stati Uniti. Un’impresa ciclopica non propriamente andata a segno.

 

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