Vittòre Carpaccio, il maestro ritrovato

di Daniela Annaro     

Carpaccio, di nome Vittòre, un grande maestro veneziano del Quattrocento, per tanti, forse tantissimi, è solo il piatto di carne cruda così chiamato da Arrigo Cipriani,  geniale proprietario dell’Harry’s Bar.  E, in qualche misura, a Cipriani dobbiamo essere grati. Fu proprio dopo aver visto la mostra a Venezia nel 1963, che decise di definire  in questo modo uno dei suoi pietanze più famose, il Carpaccio appunto. Non solo. A due dei  maestri di Vittòre, Gentile e  Giovanni Bellini, dedicò il suo cocktail. Un omaggio alla città e alla pittura  veneta del  XV secolo.

Sono passati cinquant’ anni da quella esposizione, a cui tra l’altro si interessò in forma indiretta anche un allora giovane ispettore della Soprintendenza di Venezia, Vittorio Sgarbi. Dal 1963, Venezia e l’Italia non ha più dedicato particolare attenzione a Vittòre. Un ritardo e una scarsa attenzione che solo ora si può perdonare. A Palazzo Ducale, nell’Appartamento del Doge, una bellissima mostra parla di lui, cronista del suo tempo, come studiosi ed esperti lo definiscono. Merito anche della National Gallery di Washington e di Peter Humphrey, curatore di entrambe le esposizioni. Prima di approdare in laguna, la rassegna è stata allestita nella capitale degli Stati Uniti.

Vittore Carpaccio – La nascita di Maria (particolare)

Vittòre Carpaccio   (1465/1525-26 circa) è  un protagonista del  pieno Rinascimento veneziano, una delle stagioni più interessanti  della Serenissima. E’ un periodo di grandi scambi  culturali e commerciali nella Venezia di allora. La  pittura  di Carpaccio  restituisce quell’apertura, quella laicità. Laicità  che ritroviamo nei grandi teleri  (tele di vaste proporzioni, create proprio nel capoluogo veneto) commissionati dalle confraternite, come  la ritroviamo  nei  dipinti e nei disegni. Scopriamo così  che Carpaccio accoglie nella  pittura lo  sguardo di Antonello da Messina, del fiammingo Van Eyck, del Perugino. Artisti che lavorano in laguna o vi soggiornano. Carpaccio è testimone del multiculturalismo che si respira in città. Nelle settanta opere – tra dipinti e bellissimi disegni – ci sono donne velate e Bambinelli con il turbante. Vittore ha una attenzione particolare nel descrivere le scene: le riempie di interessantissimi particolari che danno il senso della quotidianità.

Carpaccio - La caccia e Due Dame

Un “ raccontatore di storie”   lo definisce il co-curatore Andrea Bellieni, responsabile del Museo Correr. Una di queste – per la prima volta  da secoli-  viene ricostruita nella sua integrità. In realtà, ora, per diverse vicissitudini , si tratta di due opere: “La caccia”, al Getty Museum di Los Angeles, e ” Due Dame”, a  Venezia, al Museo Correr.

In origine era un  unico dipinto, una tavola, forse un divisorio, che John Ruskin, pittore e critico d’arte inglese, definì come il quadro più bello del mondo. Nel primo,  alcuni uomini sono intenti a cacciare  aiutati da cormorani da loro addestrati. Nel secondo,  due ricche signore attendono un po’ annoiate i consorti andati a pesca. Sono sedute in terrazza. A far loro compagnia, tortore, levrieri, chihuahua e un bimbo che gioca con un pavone.  Il giglio che attraversa le due tavole ha fatto sì che il puzzle si ricomponesse. C’è tempo fino al 18 giugno 2023 per  ritrovare il lavoro voluto da  Vittore Carpaccio, così come lo ha dipinto.

Si ringrazia per la collaborazione Nicoletta Petrus

 

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