Nella bella cornice dell’Antico Ristorante Fossati a Canonica di Triuggio, mercoledì sera c’è stata una cena conviviale organizzata dall’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) di Monza e Brianza e presieduta da Aldo Fumagalli. L’ospite della serata Stefano Zamagni, illustre economista e professore universitario, con la sua presenza e il suo stile vigoroso ha arricchito di contenuti e ha regalato spunti di riflessione a tutti i presenti. Zamagni è stato invitato a parlare sul tema della responsabilità civile d’impresa.
L’espressione “responsabilità civile” – esordisce Zamagni – nasce nel 1954 e si differenzia da quella di responsabilità sociale perché in questo caso si chiede all’impresa non tanto di non provocare danni agli individui o all’ambiente, ma di fare qualcosa di positivo, di fare il “bene”. Qui sta la grande differenza tra responsabilità civile e responsabilità sociale.

“Le regole del gioco di oggi – afferma Zamagni – sono troppo antiquate. Il sistema fiscale fa pagare la parte più cospicua a chi produce ricchezza e non a chi vive di rendita. Il lavoro lo crea l’impresa. Oggi siamo entrati nella quarta rivoluzione industriale, dobbiamo prepararci ad affrontare le nuove sfide e allargare il nostro sguardo verso nuovi orizzonti”.
Uno dei problemi che gli imprenditori devono affrontare, per Zamagni, è quello di uscire dallo stato di sudditanza e soprattutto colmare quel divario tra invenzione e innovazione che è il tassello mancante nella nostra economia. “Anche la migliore delle invenzioni se non è sostenibile, è vana – prosegue Zamagni- e sarebbe auspicabile un’alleanza strategica tra imprenditori”.

Oggi inoltre, secondo Zamagni, prevale ancora l’idea dell’assistenzialismo che deresponsabilizza i cittadini, mentre la realizzazione di un welfare generativo, che parte dal principio della sussidiarietà circolare, porterebbe a generare e reciprocare l’aiuto.
Arriva a questo punto la parola “sussidiarietà”. Per produrla è necessaria un’ alleanza tra enti, impresa e società civile, intesi come “tre vertici di un triangolo che stabiliscono un patto per raggiungere gli obbiettivi di comune interesse”.

Zamagni cita anche Papa Francesco, che rivolto agli imprenditori ha detto: “Voi avete una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti . Siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo umanesimo del lavoro”. E chiude citando Toqueville e il suo testo ‘Democrazia in America’: “Il dispotismo vede nella separazione tra gli uomini la garanzia della sua permanenza. Il despota facilmente perdona i suoi sottoposti per non amarlo, a condizione che essi non si amino l’un l’altro”.
“Corriamo il pericolo di alimentare nuove forme di dispotismo, conclude l’economista, e questo succede perché noi non ci amiamo.”
Daniela Zanuso