Oggi, 10 settembre, commemorare la morte di Ugo Foscolo avvenuta in Inghilterra a Turham Green nel 1827 dopo un esilio volontario, è essenziale per ricordare l’importanza dello sguardo lungimirante dei nostri patrioti, per celebrare la forza di denuncia sociale della letteratura ottocentesca capace di superare, con tanta eleganza, gli ostacoli della censura preventiva di allora, senza lasciarsi tappare la bocca da niente e nessuno.
Quando si nomina Ugo Foscolo, il più delle volte tendiamo ad associare la sua personalità alla nostalgia per la sua terra nativa, la Grecia. Celebre la poesia A Zacinto, anche perché è impossibile non lasciarsi travolgere dalla dolcezza di quei versi in grado di trasportare chi li legge sulle scogliose spiagge di Zante, dove il poeta nacque il 6 febbraio 1778.
Un Foscolo poeta dunque, romantico e solitario, capace anche di avere un discreto successo con le donne. Ma quanti di noi conoscono il suo amore per la patria italiana? Nazione che lo scrittore non ha mai smesso di desiderare unita e alla quale ha dedicato un capolavoro: “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. Figlio di padre veneziano, vissuto a cavallo tra l’XIII e il XIX secolo, Foscolo visse in pieno le speranze napoleoniche durante il triennio Repubblicano (1796-1799).
In quel periodo una buona fetta della popolazione della penisola italiana, iniziava a reclamare i valori democratici e di libertà rivendicati durante la rivoluzione francese. Ecco perché Bonaparte fu chiamato in aiuto dai patrioti italiani, i quali avevano capito che l’unico modo per liberarsi dalla dominazione austriaca al nord e dagli assolutismi al sud, era concretizzare il progetto dell’Unità d’Italia. Questi impavidi rivoluzionari, però, non sospettavano dell’avidità dell’Imperatore francese, il quale desiderava unire l’Italia solo per creare degli avamposti militari con l’obiettivo di distruggere l’Impero Austriaco. Ed è proprio da questa delusione che nasce la storia di Jacopo Ortis.
Il giovane Jacopo, patriota veneziano fuggito dopo il trattato di Campoformio (1797) con cui Napoleone barattò con gli austriaci Venezia in cambio del Belgio, conosce la bellissima Teresa. I due si innamorano, ma la giovane è promessa in sposa al ricco, anche se freddo e mediocre, Odoardo, le cui finanze sono necessarie alla famiglia della fanciulla a differenza del povero, ma passionario Ortis, che incapace di gestire questo dolore, decide di fuggire, di viaggiare per dimenticare. Attraversando a piedi lo stivale del Mediterraneo, lo scrittore scopre un’Italia unita culturalmente, ma divisa a livello politico e oppressa dovunque dalla prepotenza dei vari poteri costituiti. E’ l’immagine di un’Italia che ancora oggi possiamo rivivere grazie a questa irrinunciabile opera letteraria.
Foscolo, infatti, immortala per sempre, esattamente come in una fotografia, i volti di molti futuri italiani esausti, delusi, ma pronti alla rivoluzione. La notizia dell’avvenuto matrimonio della fanciulla, sarà la causa del suicidio.
I tre protagonisti di questa triste storia, rispettano perfettamente le caratteristiche della letteratura nazional-patriottica: Jacopo è l’eroe giovane, positivo, idealista e generoso, attraversato da passioni impossibili e senza speranza, che lo collocano in una posizione di emarginazione e solitudine.
La passione patriottica lo esclude dalla società, mentre il dolore per un amore impossibile lo isola dalla famiglia e solo attraverso la morte egli potrà liberarsi dalla sua sofferenza. Teresa rappresenta la patria, data in sposa a chi non l’ama veramente. Non a caso Odoardo, è il simbolo di una società borghese incapace di concepire grandi ideali di uguaglianza e di comprendere il significato del bene collettivo.
Veronica Miranda