11 dicembre 1979: Madre Teresa si reca a Oslo per ricevere il premio Nobel per la pace. Nonostante l’età, la camminata è decisa e sicura, ma la postura è curva come se dovesse guardare perennemente le bassezze e i dolori dell’umanità, per accoglierli, alleviarli e accudirli. Invitata a pronunciare qualche parola, Madre Teresa parla con semplicità: “Questo premio non è per me, ma per tutte le sorelle e i fratelli che si dedicano agli altri.” Chiede ed ottiene di non organizzare la tradizionale cena di gala e di donare ai poveri la somma che sarebbe stata investita.
E’ una storia particolare quella della suora albanese, al secolo Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu, che a 18 anni entra a far parte delle Suore di Loreto. Trascorso il noviziato, e dopo qualche anno dedicato all’insegnamento, sente dentro sé “la chiamata nella chiamata” un desiderio forte ed irresistibile che la conduce a servire i più poveri dei poveri.
Ottenuto il permesso dalla chiesa di Roma, Madre Teresa lascia l’ordine di Loreto e indossa il sari bianco orlato di blu. Accudisce i moribondi offrendo loro la possibilità di una morte dignitosa. Molte persone sono attratte dalla sua missione: una sua ex allieva si unisce a lei, nasce la prima comunità che porterà alla fondazione delle Missionarie della Carità, ordine religioso presente ormai in tutto il mondo. A Calcutta apre Casa Kalighat per i morenti, situato a pochi passi dal tempio dedicato alla Dea Kalì, venerata dagli induisti di tutta l’India. Molti indiani non vedono di buon occhio la missionaria cristiana e l’accusano di proselitismo.
Costretto dalle proteste, il capo della polizia di Calcutta si reca alla Casa Kalighat. Rimane stupito ed ammirato dall’opera della piccola suora. Fra le grida e le proteste, il capo della polizia assicura che Casa Kalighat sarà presto chiusa ad un patto: che qualcuno fra gli indiani si metta al posto di Madre Teresa e accudisca come fa lei, con lo stesso amore e dedizione, poveri e moribondi.
Muore il 4 settembre 1997 e al suo funerale l’India, e con lei tutto il mondo, s’inginocchiano in segno d’amore, ammirazione, riconoscenza. Il cuore di Madre Teresa apre le porte a molti: dai deboli ai potenti, dai ricchi ai poveri. L’umanità vede in lei quello a cui la coscienza spesso aspira: il bene per il prossimo, la fratellanza, la cura dei più fragili.
Gli ultimi mesi di Madre Teresa sono caratterizzati, da quanto emerso durante il processo di canonizzazione, da un travaglio interiore: sente la solitudine e forse il silenzio di Dio; la missionaria della carità vive il dubbio, affiorano in lei gli interrogativi sulla fede, sull’anima, sulla vita dopo la morte. E’ la notte della fede, sono le domande che rincorrono il nostro esistere: nulla è scontato nella vita terrena, la contraddizione, il dubbio non ci abbandonano. Mi piace immaginare che anche i Mahatma, umili, ma coraggiosi, vivano gli “ultimi passi” in semplicità e non da eroi.
Fabrizio Annaro