di Francesca Radaelli
Al tempo in cui i romani dominavano la Gallia, un freddo giorno del mese di novembre un soldato della guardia imperiale usciva a cavallo da una delle porte della città di Amiens, per la ronda notturna. Fu allora che vide un mendicante che aveva indosso solo pochi stracci ed era percorso da brividi di freddo. Mosso da pietà, il soldato sguainò la spada che portava sempre con sè, tagliò in due parti il caldo mantello di lana che indossava e ne diede la metà al povero mendicante, perché si riparasse dal freddo.
La notte seguente al soldato apparve in sogno Gesù, rivestito della metà del suo mantello militare, e lo udì annunciare agli angeli che lo accompagnavano: “Ecco il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando il soldato si svegliò, il suo mantello era di nuovo integro. Il nome del soldato era Martino, era il figlio di un ufficiale romano e no, non era cristiano. In seguito all’episodio del mantello però si convertì e decise di farsi battezzare. Sarebbe divenuto negli anni seguenti uno dei padri del monachesimo nonché vescovo di Tours e, dopo la morte, santo protettore dei viandanti.
Questa è solo una delle numerose versioni della leggenda di San Martino di Tours, festeggiato dalla Chiesa l’11 novembre, giorno in cui avvenne la sepoltura del santo nell’anno 397 d.C., ma anche giorno tradizionalmente legato alla cosiddetta Estate di San Martino, quel fenomeno meteorologico che fa sì che spesso nella seconda decade di novembre, ad autunno ormai inoltrato, il clima diventi più mite per qualche giorno. Ricordando così il calore che per una notte quel soldato pagano – che sarebbe poi diventato un santo cristiano – volle regalare al mendicante infreddolito, attraverso un piccolo e bellissimo gesto di condivisione.
“A San Martino ogni mosto diventa vino”, recita il proverbio. Il giorno di San Martino è infatti in molti luoghi associato alla maturazione del vino nuovo e legato a festeggiamenti popolari e tradizioni contadine. Qualche esempio? Le “glorie di San Martino”, ossia i fuochi accesi nel comune abruzzese di Scanno, la tradizione di bere vino novello accompagnato da caldarroste, ma anche il fatto che in molte aree agricole tutti i contratti, di lavoro e di affitto, terminassero proprio l’11 novembre, data in cui i lavori nei campi erano ormai conclusi senza però che fosse già arrivato l’inverno: San Martino dunque era anche giorno di traslochi.
Ma San Martino è anche ‘la nebbia agli irti di colli’ di Giosuè Carducci, è anche ‘l’estate fredda dei morti’ di cui parla Giovanni Pascoli. È un modo per riscaldarci un’ultima volta prima di entrare inevitabilmente nel pieno dell’inverno. È un po’ come il mezzo mantello del soldato Martino. E, purtroppo, dura solo “tre giorni e un pochino”.