14 maggio 1948: nasce lo Stato di Israele

israeledi Laurenzo Ticca

Gli ebrei hanno finalmente un focolare, una terra  che  custodisca  sogni e speranze, una democrazia da costruire, un esercito che li difenda e che allontani l’incubo di un nuovo Olocausto. Ansie, sogni, ideali che si scontrano subito con gli analoghi sentimenti di un altro popolo.  Quello  palestinese.  

La reazione del mondo arabo è immediata.  Le sconfitte  saranno  cocenti.  Subito dopo il ’48 attraverso le guerre del ’56, ’67, 73 Israele si imporrà come potenza militare nella regione.   Settant’anni, quelli  che ci separano da quel 14 maggio del ’48  intrisi di sangue, segnati da conflitti cruenti, attentati terroristici e rappresaglie  feroci.  Settant’anni  nel corso dei quali Israele ha garantito la presenza di una democrazia sul modello occidentale in un contesto geopolitico segnato da regimi autoritari e dispotici.

Tornano alla mente capitoli significativi e drammatici del rapporto israelo-palestinese. La nascita dell’Olp, l’Organizzazione per  la liberazione della Palestina,  guidata da Yasser Arafat (’69), la strage di Monaco  (’72), l’assassinio del presidente  egiziano  Anwar  Sadat (’81) considerato un traditore dal mondo arabo perché deciso a dialogare con Israele, il  massacro di Sabra e Shatila  (’82)  compiuto in un campo profughi palestinese da truppe cristiano-libanesi. Israele sapeva e non fece nulla per impedirlo.

E  ancora: l’assassinio del Primo ministro israeliano Ytzhak  Rabin (’95), per mano di un fondamentalista ebreo,  le rivolte (intifada) palestinesi, l’operazione Piombo fuso (2008)  lanciata da Israele a Gaza  e condannata dall’Onu.  Il resto è storia  recente:   le primavere arabe e il loro collasso, il risorgere del  radicalismo religioso e del suo osceno corollario:  il terrorismo.

Elementi che  rendono sempre più difficile il dialogo tra chi in Israele e in  Palestina  ragiona sulla base di una semplice parola d’ordine: due popoli, due stati. Un’ansia di pace sistematicamente soffocata dal’antisemitismo, dall’odio per Israele, dall’islamismo radicale da una parte e dalla incapacità delle leadership israeliane di negoziare la pace con milioni di palestinesi che vivono  poco oltre i loro confini dall’altra.

 
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