di Laurenzo Ticca
Gli ebrei hanno finalmente un focolare, una terra che custodisca sogni e speranze, una democrazia da costruire, un esercito che li difenda e che allontani l’incubo di un nuovo Olocausto. Ansie, sogni, ideali che si scontrano subito con gli analoghi sentimenti di un altro popolo. Quello palestinese.
La reazione del mondo arabo è immediata. Le sconfitte saranno cocenti. Subito dopo il ’48 attraverso le guerre del ’56, ’67, 73 Israele si imporrà come potenza militare nella regione. Settant’anni, quelli che ci separano da quel 14 maggio del ’48 intrisi di sangue, segnati da conflitti cruenti, attentati terroristici e rappresaglie feroci. Settant’anni nel corso dei quali Israele ha garantito la presenza di una democrazia sul modello occidentale in un contesto geopolitico segnato da regimi autoritari e dispotici.
Tornano alla mente capitoli significativi e drammatici del rapporto israelo-palestinese. La nascita dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, guidata da Yasser Arafat (’69), la strage di Monaco (’72), l’assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat (’81) considerato un traditore dal mondo arabo perché deciso a dialogare con Israele, il massacro di Sabra e Shatila (’82) compiuto in un campo profughi palestinese da truppe cristiano-libanesi. Israele sapeva e non fece nulla per impedirlo.
E ancora: l’assassinio del Primo ministro israeliano Ytzhak Rabin (’95), per mano di un fondamentalista ebreo, le rivolte (intifada) palestinesi, l’operazione Piombo fuso (2008) lanciata da Israele a Gaza e condannata dall’Onu. Il resto è storia recente: le primavere arabe e il loro collasso, il risorgere del radicalismo religioso e del suo osceno corollario: il terrorismo.
Elementi che rendono sempre più difficile il dialogo tra chi in Israele e in Palestina ragiona sulla base di una semplice parola d’ordine: due popoli, due stati. Un’ansia di pace sistematicamente soffocata dal’antisemitismo, dall’odio per Israele, dall’islamismo radicale da una parte e dalla incapacità delle leadership israeliane di negoziare la pace con milioni di palestinesi che vivono poco oltre i loro confini dall’altra.
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