di Fabrizio Annaro
Oggi ricordiamo la nascita di Luigi Einaudi, nato il 24 marzo 1874. Economista, Ministro, vice Premier, governatore della Banca d’Italia e dal 1948 al 1955 fu Presidente della Repubblica. Il figlio, Giulio ha fondato una delle più prestigiose case editrici nota in Italia e all’estero. Di Luigi Einaudi desidero ricordare una sua idea, rimasta negli archivi del pensiero accademico, forse fra le più audaci e innovative: la pensione universale.Un’idea che oggi apparirebbe anacronistica, soprattutto per i fanatici del liberismo e del mercato, ma nell’Italia contadina e con bassi livelli di istruzione aveva il pregio di esser lo strumento per promuovere i meritevoli e consentire alle fasce povere di salire nella scala sociale.
La pensione universale era un’idea molto semplice: consisteva nel offrire un reddito sia negli anni di studio, sia nei periodi di disoccupazione involontaria. Un sistema geniale di lotta alla povertà e di crescita economica e sociale. Lo stesso Einaudi, però, intravedeva pregi e difetti di questa proposta. Era convinto che la pensione universale avrebbe consentito ai giovani meritevoli di uscire dalla campagna e costruirsi una posizione sociale adeguata ai loro talenti.
Oggi questa idea sarebbe improponibile perché il nostro mastodontico debito pubblico non ce lo consentirebbe. L’istruzione oggi non è un privilegio, quello che manca invece è un sostegno quando si perde il lavoro. L’attuale sistema è fragile ed inefficiente: preferisce l’assistenzialismo rispetto alla riqualificazione professionale e non incentiva sufficientemente la nascita di nuove imprese.
Credo che Luigi Einaudi sarebbe stato tra i promotori del salario minimo, strumento indispensabile per evitare la povertà e garantire la sicurezza sociale. Debito o non debito una misura, quello del salario minimo, indispensabile per l’Italia e per la comunità europea.