di Daniela Zanuso
Per gli Stati Uniti uno scandalo politico senza precedenti, che mette sotto accusa i massimi dirigenti del Partito Repubblicano e costringe alle dimissioni il Presidente Richard Nixon.
Sono trascorsi oltre quarant’anni dal giorno in cui qualcosa cambiò irrimediabilmente sulla vicenda del Watergate. Nixon, costretto dal giudice a cui era state affidate le indagini del caso, a consegnare i nastri (la famosa “pistola fumante”), che contenevano le sue conversazioni con il capo della Casa Bianca sul modo di ostacolare le indagini, capì che aveva perso la sua battaglia e pochi giorni dopo, per evitare l’impeachment, si dimetterà.
I nastri, nonostante fossero stati cancellati oltre 18 minuti di conversazione, erano la prova del fatto che il Presidente Nixon, non solo era a conoscenza delle intercettazioni abusive compiute dai suoi uomini all’interno del quartier generale del Comitato del Partito Democratico, quel complesso di edifici chiamato appunto Watergate, ma era complice, con il capo della Casa Bianca, nel piano di depistaggio delle indagini.
Tutto ebbe inizio la notte del 17 giugno 1972: la guardia di sicurezza Frank Wills scoprì alcuni pezzi di nastro adesivo sulle porte che conducevano dalle scale al parcheggio sotterraneo nell’edificio del Watergate Hotel a Washington. Insospettito Frank Wills chiamò la polizia. Più tardi cinque uomini furono colti in flagranza di reato, mentre conducevano operazioni di sabotaggio all’interno degli uffici del partito democratico, dove si stava preparando la campagna elettorale e la raccolta fondi. Uno dei cinque si scoprirà essere un ex agente della Cia in pensione.
Gli investigatori cominciarono a scavare nei conti degli arrestati e scoprirono che alcune migliaia di dollari raccolti per la campagna di Nixon, erano stati trasferiti sul conto di un’azienda appartenente ad uno degli arrestati. Nonostante le accuse della stampa e i sospetti portassero sempre più alla Casa Bianca, Nixon fu rieletto presidente il 6 novembre 1972.
Seguirono numerose inchieste, la più famosa delle quali fu condotta dai reporter Bob Woodward e Carl Bernstein del “Washington Post” che arrivarono alla misteriosa fonte dal nome in codice “gola profonda”, molteplici tentativi di insabbiamento, di corruzione e di depistaggio verso il Federal Bureau of Investigation (FBI), la distruzione di prove, le “dimissioni” di alcuni tra i più importanti collaboratori del Presidente e, non ultima, la richiesta da parte dello stesso Nixon, del principio del “privilegio dell’esecutivo”, secondo il quale il Presidente e i membri dell’esecutivo possono rifiutarsi di rispondere a tutte le richieste del potere giudiziario.
Nel 1973 fu istituita anche una Commissione Senatoriale d’inchiesta, le cui udienze andarono in onda alla tv per alcuni mesi, suscitando lo sdegno di gran parte dell’opinione pubblica e provocando un enorme danno politico a Nixon. Seguirono molteplici condanne ai collaboratori del presidente e ai membri dello staff per la campagna elettorale. Il 30 luglio 1974, la stessa Commissione Giudicante imputò al Presidente Nixon altre due accuse: abuso di potere e ostacolo al Congresso.
Richard Nixon non fu mai processato ma, al contrario, graziato dal suo successore Gerald Ford, per ogni crimine commesso in qualità di presidente degli Stati Uniti.