di Fabrizio Annaro
Chissà se William Shakespeare avrà immaginato, mentre scriveva le sue opere, che una di queste sarebbe stata rappresentata in un carcere e che gli attori sarebbero stati detenuti.E’ accaduto a Monza grazie al Gruppo Laboratorio Resilienza che, coordinato da Elisa Candida, ha messo in scena, nei locali della Casa Circondariale di via Sanquirico, “Amleto e il sorriso ironico di una commedia tragica” ispirato al celebre Amleto di Shakespeare ma rivisto in chiave umoristica e con sottili rimandi alla vita carceraria. Lo spettacolo è interpretato da detenuti con l’apporto di un professore, Filippo Zerini, per la regia di Elisa Candida.
La commedia incanta, carpisce l’attenzione, gli attori sono bravi. Al termine il pubblico applaude lungamente, si percepisce una grande emozione che coinvolge i presenti, la direttrice Maria Pitaniello, il cappellano don Augusto Panzeri, i protagonisti dello spettacolo.
Il teatro, la cultura, occasioni per viaggiare nell’animo umano, dentro i suoi pensieri, i suoi dubbi, i suoi interrogativi e i suoi desideri. Una commedia che ripercorre la storia di Amleto il cui padre è assassinato dal fratello per carpirgli il trono e la moglie. Una lotta di potere che non conosce nessuna etica, ma solo la bramosia e l’avidità. Amleto opta per la vendetta invocata dal padre che da miglior vita appare al figlio imponendogli di uccidere lo zio e di “fare giustizia”.
La storia offre numerose domande sul senso della vita, sollecitando lo spettatore a dare una risposta all’amletico dubbio fra perdono e vendetta fra essere o non essere. Una domanda, essere o non essere, che gli attori ripropongono alla fine dello spettacolo ed ognuno di essi offre una propria originale opinione.
Si termina con gli applausi e, come detto, con una grande emozione. Un desiderio non detto, non pronunciato, ma che vaga per “l’etere della sala” del Sanquirico che ha ospitato la commedia: il desiderio di riscatto, di riparazione, di una nuova vita.
fotografie di Giovanna Monguzzi