4 marzo: il voto, la politica e Lucio Dalla

di Fabrizio Annaro 

“Dopo il 4 marzo mi alzerò tardi e non avendo impegni incombenti, guarderò la TV (senza pagare il canone). Poi prenderò l’auto (senza pagare il bollo) e farò un giro per le università (senza pagare le tasse). Il giorno dopo potrò decidere se lavorare oppure godermi un reddito minimo garantito …” E’ una delle tante “gag” che girano su wp e che hanno un merito: farci sorridere, offrirci una consolazione di fronte ad una campagna elettorale così desolante. 

Un dibattito lontanissimo dai veri problemi e dalle sfide che ci attendono nel prossimo futuro. Un confronto, consentitemi, dai toni puerili quando non violenti. Mi riferisco, ovviamente, a quanto  visto in TV. Meglio le regionali e il dibattito politico che si è svolto nei territori. Per dovere di cronaca è giusto ricordare che diversi candidati hanno scelto toni più moderati e proposto contenuti più aderenti alla realtà. Fra le diverse iniziative è stato apprezzato il format proposto dal nostro giornale con le interviste ai candidati da parte dei rappresentanti del Terzo Settore.

Ma torniamo ai temi sul tappeto. Consideriamo la questione lavoro su cui mi soffermerò di più.

Siamo alla vigilia di un’eccezionale rivoluzione tecnologica in cui la robotica dilagherà anche in quei settori che richiedono una partecipazione maggiore come l’insegnamento o la cura.  Le nostre abitazioni saranno sempre più automatizzate e sempre più domotiche: i robot sostituiranno il personale nelle pulizie e nelle faccende domestiche.

Anche nel mondo della sanità si stanno sperimentando nuovi macchinari pronti, in alcuni casi,  a sostituire il personale medico ed infermieristico.

Addirittura nel settore del giornalismo sono in via di sperimentazione algoritmi in grado di supportare e forse di sostituire i reporter. Allora quale lavoro per il prossimo futuro, per noi e, soprattutto, per i giovani, per le donne? Molti insistono sulla necessità di  ridurre drasticamente le tasse alle  imprese quale volano per generare lavoro.

Ma la vera domanda è: quale politica di fronte all’imminente tsunami tecnologico ormai alle porte? Francesco Gesualdi, allievo di don Lorenzo Milani  (Responsabile  del Centro Studi Nuovo Sviluppo) dalle pagine di Avvenire suggerisce due alternative: o redistribuire il reddito, in modo da supportare le persone escluse dal mondo del lavoro oppure redistribuire il lavoro. Questa seconda ipotesi è quella che mi affascina di più e che mi sembra più adeguata al nostro tempo.


E’ la stessa opzione scelta in Germania. Recentemente  è stato firmato un accordo fra le parti sociali tedesche che riduce a 28 ore la settimana lavorativa. Alcune ricerche e studi hanno messo in luce che molti lavoratori sono disposti ad una riduzione dello stipendio pur di avere più tempo per la vita personale  e per la famiglia. Molti sono d’accordo sul fatto che non sia necessario che entrambi i genitori lavorino. Ne basta uno. Certo tutto ciò significa un drastico cambiamento dello stile di vita.

Aggiungo che in Italia è mancata una seria concertazione fra i protagonisti del mondo del lavoro: imprenditori, Stato, lavoratori.  Alcune imprese hanno ricevuto incentivi e poi hanno delocalizzato la produzione. I salari sono in caduta libera. Le condizioni di lavoro in molti ambienti sono peggiorate.

Accanto a questo però, ed ecco la buona notizia, c’è un paese che reagisce. Siamo la nazione del Rinascimento. Fa parte del nostro DNA. Oggi si contano decine di start up, brillanti progetti, innovazioni in molti campi dalla produzione al sociale, dall’ambiente ai servizi. Molti  giovani si danno da fare. Si respira nel paese un grande desiderio di riscatto.  Sono tanti gli imprenditori (potrei fare nomi e cognomi) che hanno deciso di rimanere in Italia, di mettere del loro  pur di non trasferire all’estero l’azienda di famiglia. Questi imprenditori sanno bene “che sono stati i nostri padri e i padri delle maestranze a fare grandi le nostre imprese”. Non dimentichiamo la nostra storia.

Sull’ambiente, il confronto politico è stato incredibilmente avaro. Sicuramente il tema è spinoso ma proprio per questo va affrontato. Sul sociale, il Terzo Settore è chiamato ad avere più coraggio, abbandonare le timidezze e proporsi come soggetto politico al pari di altre associazioni del mondo del lavoro. Credo sia necessario valorizzare e riconoscere i benefici che l’impresa sociale, il volontariato, la cooperazione, l’associazionismo offrono alle persone e al nostro paese.

Degli stranieri si dice di tutto e di più, molto a sproposito. A me, per coincidenza di data,  viene in mente la canzone di Lucio Dalla 4 marzo ’43 che comincia così:

Dice che era un bell’uomo e veniva,
veniva dal mare,
parlava un’altra lingua,
pero’ sapeva amare …”

 

 

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