60 anni e mi sento sereno

slancio 3 6 setdi Luigi Picheca

Il 26 novembre compirò 60 anni, ma mi sento “disteso”! Mi sento disteso, ma non perché trascorro a letto più di 20 ore al giorno, perché ho raggiunto una notevole tranquillità ed una grande serenità. Questo grazie alle tante persone che mi sono state vicino e che ho conosciuto nel tempo, specialmente negli ultimi 8 anni, da quando la SLA ha cercato di vincermi.

Ho trovato tante persone dotate di una forte sensibilità, di una grande umanità e di una grande intelligenza che hanno saputo starmi vicino senza farmi pesare la mia condizione, nemmeno quando, nei miei momenti di sconforto e di disperazione, era difficile trattare con me.

Ora me ne rendo conto ma in quei momenti era davvero difficoltoso starmi vicino senza interferire sui miei sentimenti e sui miei stati emotivi, senza incidere minimamente sulle mie legittime paure e stati d’ansia che mi rendevano pesante da sopportare e che richiedevano solamente comprensione e presenza.

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In questo ringrazio i miei familiari che mi hanno aiutato da subito, anche a superare quella situazione di perdita dell’intimità, strappata via velocemente ed alla quale siamo abituati da una vita di pudore e rispetto. Quando si perde l’autonomia è un momento delicato ma inevitabile, la sua gestione, anche se avviene in tempi stretti, richiede del tempo per assuefarcisi.

Gli amici sono stati meravigliosi e mi hanno saputo dare gli stimoli giusti coi tempi giusti, si sono rivelati davvero preziosi, nel rispetto di condizioni variabili e delicate, senza mai risultare maestri di vita o irritanti nei loro atteggiamenti.

Quello che mi ha stupito di più è stato scoprire le tante persone che ho conosciuto negli ambienti cui sono stato costretto. Non conoscevo ospedali né case di cura, diciamo pure che quello che sapevo non era certo edificante, preso dagli scandali che appaiono in tv quando succede qualche episodio di malasanità o qualche maltrattamento a spese di anziani o malati psichiatrici, propinati da certe RSA poco raccomandabili.

Ho conosciuto medici ed infermieri premurosi e comprensivi verso pazienti in condizioni psicologiche particolarmente fragili, sempre attenti e professionali ma anche dotati di grandi capacità umane. Gli operatori, che stanno più tempo a contatto coi malati, si sono imposti con la grande capacità umana che si sono costruiti con l’esperienza e la loro predisposizione professionale, una sorta di vocazione che raramente sfugge all’istinto di un malato. Certo, non sono tutti portati a questo tipo di lavoro, le pecore nere ci sono ovunque!

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Col personale che ci cura nascono delle belle amicizie che talvolta ci portano a conoscere le reciproche famiglie, è sempre bello vedere nascere delle nuove amicizie, arricchiscono lo spirito e la mente!  Ho avuto occasione di conoscere delle persone straordinarie anche tra quelle che mi hanno dedicato parte del loro tempo a seguirmi da più vicino quando i familiari si assentano, in particolare ricordo Eleonora, Antonella e Raffaella.

Con quest’ultima ho avuto occasione di condividere molte reciproche esperienze. È una ragazza in gamba che non ha esitato un attimo ad adeguarsi alla chiusura dell’ufficio presso il quale lavorava per cercarsi un posto qualsiasi pur di soddisfare le esigenze familiari, oggi succede sempre più spesso che le donne siano costrette a pensare alle loro famiglie cavandosela egregiamente.

In chiusura di questo articolo, desidero ringraziare tutti gli amici di SLAncio, la casa dove  attualmente vivo, e gli amici de Il Dialogo di Monza  che mi hanno offerto la possibilità di far conoscere la mia straordinaria esperienza di vita e hanno contribuito  a restituirmi dignità e motivazioni importanti.

Con essi, ringrazio tutti i protagonisti di questa storia perché meritano di essere ricordati per la loro dedizione a un lavoro difficile e pieno di sacrifici!

Luigi Picheca

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