Anna Politkovskaja e la sua volontà di giustizia e di verità

AnnapolitovCerte volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”

Sono trascorsi dieci anni da quella morte annunciata. Quel giorno Anna Politkovskaja è stata ritrovata nell’androne della sua casa moscovita uccisa da quattro colpi di arma da fuoco. Alcuni giorni dopo avrebbe pubblicato sul giornale “Novaja Gazeta” i risultati di una sconvolgente inchiesta sulle torture consumate in Cecenia dai russi, ultimo reportage di una carriera giornalistica sempre all’insegna del coraggio, della verità, della lotta per i diritti e la dignità degli individui, per la libertà e per la democrazia. Quella che ancora oggi, in Russia, non c’è.

Nasce a New York il 30 agosto 1958, figlia di diplomatici sovietici di nazionalità ucraina. Dopo aver lavorato per il giornale Izvestija, nel 1999 comincia a seguire per la Novaja Gazeta, quotidiano russo di ispirazione liberale, il conflitto in Cecenia. E’ l’inizio di un lungo e faticoso lavoro di indagine  dove  denuncerà sequestri, torture, sparizioni, stupri, esecuzioni sommarie, tanto che Ramzan Kadyrov, allora primo ministro ceceno che godeva dell’appoggio di Putin, non perderà occasione per  dichiarare di averne abbastanza di lei, fino  ad affermare che Anna Politkovskaja “era una donna spacciata”.

E’ stata una giornalista scomoda, che si è opposta platealmente al regime instaurato da Vladimir Putin, che ha lottato perché fossero rispettati i diritti umani e lo stato di diritto. Laica e disincantata, nelle sue inchieste non temeva di schierarsi. Ha sempre scelto i più deboli e indifesi.

Nel 2001 vinse il Global award di Amnesty International per il giornalismo in difesa dei diritti umani e, due anni dopo, il premio dell’Ocse  per il giornalismo e la democrazia. Mise anche da parte il suo ruolo di giornalista per quello di negoziatrice durante l’assedio del teatro Dubrovka di Mosca nel 2003. Nel dicembre 2005, durante una conferenza a Vienna di Reporter Senza Frontiere  sul tema della libertà di stampa denuncia:  “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare.”

AnnaPolitkovskajaMettere a tacere il dissenso è la tecnica di tutti i totalitarismi e Anna è stata una delle tante vittime  di questo sistema. Il suo delitto è rimasto impunito fino al terzo processo del 2014, quando il Tribunale di Mosca ha inflitto due ergastoli: uno al presunto killer Rustam Makhmudov  e l’altro a suo zio organizzatore dell’omicidio Lom-Ali Gaitukayev, oltre a tre condanne da 12 a 20 anni per gli altri tre complici accusati a vario titolo di aver organizzato ed eseguito il delitto.

Nel decimo anniversario della sua morte, la vogliamo ricordare con le parole che il filosofo francese André Glucksmann, scrisse per le pagine del Corriere della Sera il 3 dicembre 2006: « Anna Politkovskaja era una creatura rara, con un coraggio fisico e morale da lasciare a bocca aperta. E, come tutti gli eroi, aveva una modestia e un umorismo sorprendenti. […] Anna Politkovskaja è morta inutilmente? Lei ha suonato le campane a martello, affinché il mondo democratico sapesse e reagisse. […] Morta per niente? Morta per noi. Noi occidentali, che non l’abbiamo saputa leggere, né proteggere. Questo niente, per cui lei ha dato la vita, siamo noi. Sensibile al dolore degli oppressi, incorruttibile, glaciale di fronte alle nostre compromissioni, Anna è stata, ed è ancora, un modello di riferimento. Ben oltre i riconoscimenti, i quattrini, la carriera: la sua era sete di verità, e fuoco indomabile. »

Daniela Zanuso

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