«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
Generale Pietro Badoglio, 8 settembre 1943
Queste parole risuonarono nelle orecchie degli italiani che, in quel momento, si trovavano pietrificati davanti alle loro radio. Immobili per la paura, per lo scetticismo e nello stesso tempo per le aspettative di benessere del neo Governo Badoglio, esecutivo nominato da Re Vittorio Emanuele III. Gli italiani erano storditi dall’odio, soffocati dalla repressione fascista, ma soprattutto si sentivano constantemente torturati dalla speranza di poter rivedere i propri cari partiti per la guerra, per la quale il Governo era arrivato al punto di reclutare ogni maschio sano in età superiore ai diciotto anni. Inoltre, le conseguenze delle folli spese militari, per realizzare le ambizioni di Benito Mussolini durante l’alleanza con Hitler, garantirono all’Italia solo una recessione feroce. L’obiettivo principale di Badoglio era, dunque, quello di rompere gli accordi con i tedeschi.
Ed ecco che l’Armistizio dell’8 settembre 1943 arrivò a fare da spartiacque. Le trattative segrete tra Badoglio e il Governo Americano erano concluse: l’Italia aveva deciso di liberarsi dalla repressione della dittatura fascista, ormai sempre più inglobata nella bramosia di potere di stampo hitleriano. Ma la guerra non era finita come, a causa dell’euforia di questa ondata di buone notizie, si leggeva l’indomani sulle principali testate che hanno scritto la storia del nostro paese. Quasi tutti sembravano già essersi dimenticati di quello che erano capaci di fare i nazisti, soprattutto nel caso dell’Italia passata da un giorno all’altro da alleata a nemica. Nessuno, tranne il Duce, era in grado di immaginare la vendetta riservata agli italiani. Hitler odiava i traditori, Mussolini lo sapeva bene, per questo motivo alcune fonti affermano che l’ex direttore de L’Avanti fondò la Repubblica di Salò, per cercare di salvare gli italiani dalla rabbia del nazismo. Forse anche il Generale Badoglio lo sapeva, altrimenti non sarebbe fuggito a Brindisi insieme al Re, subito dopo l’annuncio dell’Armistizio, lasciando Roma nel pieno caos. Ma questo accadde soprattutto perché l’accordo vero e proprio era stato già firmato in segreto il 3 settembre 1943, con una chiara sottomissione dell’Italia all’esercito anglosassone, che resterà in vigore fino alla firma del trattato di pace (10 febbraio 1947).
La situazione politica italiana, a questo punto, divenne insostenibile. A partire da quel momento la guerra dal fronte passò a seminare morte nelle principali città italiane e non solo. Lo stivale italiano era spaccato in due: al nord c’erano i fascisti che insieme ai nazisti cercavano di opporre resistenza agli alleati che, partendo dalla Sicilia, volevano cancellare la dittatura in ogni angolo dell’Europa.
Ricordare questo giorno è un obbligo per le radici della storia dell’Italia Repubblicana, in particolar modo perché l’8 settembre è la genesi della resistenza, di un popolo che ha saputo unirsi per la libertà, che ha saputo guardare oltre al proprio interesse per il bene collettivo, dando infine alla luce un capolavoro giuridico: la Costituzione Italiana. Cerchiamo di non dimenticarlo mai.
Veronica Miranda
L’annuncio di Badoglio:
8 settembre 1943: la dichiarazione di armistizio. La rassegna stampa dell’epoca