di Eleonora Duranti
Ernest Biéler viene generalmente inserito tra gli artisti dell’ École di Savièse. Tuttavia, una Scuola presupporrebbe principi e regole precisi. L’École di Savièse, invece, ha un unico comune denominatore ed è un villaggio. Il villaggio svizzero di Savièse, appunto. Un villaggio che, con i suoi colori e la sua gente, ha accolto e ispirato persino inconsapevoli viaggiatori di passaggio. |
Anche a Savièse è arrivato l’autunno.
Anche quest’anno, mi ha preceduto.
Avevo lasciato detto ai vicini che ci saremmo rivisti entro la fine dell’estate, ma, purtroppo, non sono riuscito a mantenere la parola.
Mi capita spesso… Ultimamente.
Infatti farei meglio a non prodigarmi in promesse, per non dover rimediare, poi, con scuse ridicole e giustificazioni campate per aria.
Non sono un bugiardo… Né un egoista.
No…
Sono solo impegnato.
Parecchio impegnato.
Mi desto prima che il gallo canti e mi corico quando la luna è già alta nel cielo; bevo e mangio lo stretto necessario; partecipo agli eventi mondani e mi mostro in società soltanto se obbligato; non ho la passione dell’equitazione né quella della pallacorda; non dipingo; non gioco d’azzardo; non frequento circoli viziosi; non vado a messa.
Nonostante, però, non mi diletti con nessuno di questi passatempi, non cado mai preda della noia.
Anzi.
Non so nemmeno cosa sia io, la noia!
Apro gli occhi all’alba, un battito di ciglia e li richiudo, poiché è subito notte.
Mia madre me l’aveva detto, di non interessarmi alla politica… Di cimentarmi, piuttosto, nella filosofia o nella musica… Ma mio padre era così fiero! Si vantava con tutti i suoi compari, giù al villaggio, di avere un diplomatico per figlio e proponeva un brindisi in mio onore ogni sera, all’osteria dei Lepont!
Sarei stato un ingrato, a deluderlo…
Ecco, quindi, la ragione per cui sono perennemente in corsa contro le ore, i minuti, i secondi…
Perché mi sono votato allo Stato e, se temo il giudizio del mio vecchio, figurarsi quello della Nazione!
È il Paese, la mia priorità…
La mia, unica, priorità.
Non posso permettermi distrazioni. Né uscite di capo.
Non posso neppure fermarmi a scambiare due chiacchiere con Mathilde, intenta a raccogliere le foglie nei campi.
È talmente concentrata sul proprio lavoro che non si accorge del calesse che sta procedendo spedito lungo il sentiero!
Vorrei ordinare al cocchiere di rallentare… Di accostare… Giusto il tempo di un saluto.
Ma non ho tempo.
Un diplomatico non ha mai tempo.
Né per salutare una vecchia amica…
Né tantomeno per fare tesoro dell’autunno di Savièse.
[Ernest Biéler, Ramasseuse de feuilles mortes, 1909 circa. Gouache, 47×57,9 cm. Musée d’art du Valais, Sion, Svizzera.]