da Giannella Channel
“Il mondo mi spaura e ho scelto la valle del bello e del buono e dove il tempo non corre“. Giovanni Pascoli
Dopo la nativa Romagna e la lavorativa Matera, il grande poeta scelse di vivere in questo borgo ideale della Garfagnana dominato dal Duomo e dalla mole della Pania della Croce, in quella “valle del bello e del buono” dove ricostruire un’idea di rifugio poetico e di famiglia.
Un viaggio per il verso giusto sulle tracce di Giovanni Pascoli può cominciare in un ufficio della Regione Emilia Romagna dove uno dei primi pannelli dei “paesaggi d’autore” ideati dalla dirigente Laura Schiff ti conduce in un itinerario ideale in tre tappe: la prima a San Mauro di Romagna, dove il poeta nacque nel 1855 (dal 1932 ribattezzata San Mauro Pascoli) e trascorse la fanciullezza ricordata con nostalgia e affetto, per proseguire poi fino nell’antica Lucania, a Matera, nel periodo d’insegnamento trascorso tra cultura classica e tradizione popolare e per ultimo a Barga, nella Garfagnana toscana, in quella “valle del bello e del buono, dove il tempo non corre” ricordata nel distico introduttivo, il rifugio poetico in cui Giovannino ritrovò “il nido distrutto”.
Qui, a Castelvecchio, frazione a tre chilometri da Barga, nella valle del fiume Serchio tra Lucca e Castelnuovo Garfagnana, Pascoli aveva individuato il suo cantuccio (la casa Cardosi-Carrara), giusto per ricostruire un’idea di rifugio e di famiglia. Oggi una gigantesca foto-poster accoglie il visitatore della Casa Museo Pascoli che, per volontà della sorella Mariù, fu donata al comune, con la promessa di lasciare tutto come allora: cimeli, archivio, biblioteca. Nella cappella annessa è sepolto lui, il poeta arrivato dalla Romagna.
In questo spicchio di Toscana tra l’Appennino tosco-emiliano e le appuntite Alpi Apuane, Pascoli visse con la sorella Maria dal 1895 al 1912, anno della sua morte. Qui, nel silenzio e nella pace del nuovo nido, si dedicò alla poesia e agli studi di letteratura classica (sono famose, e tuttora visibili le tre scrivanie per lavorare nelle tre lingue, italiano latino e greco). Qui compose alcune delle sue poesie più note, come la raccolta dei Canti di Castelvecchio, fitta di richiami autobiografici. Nei versi si ritrovano questi paesaggi placidi, i torrenti e i paesini che brulicano di vita.
Barga, borgo dalla storia antica circondato dai boschi e dal loro profumo intenso, è il cuore di questo itinerario paesaggistico–culturale, dominata da due immagini chiave. La prima è la sagoma inconfondibile della poderosa cima della Pania della Croce, che sfiora i 2.000 metri.
La seconda icona è il poderoso Duomo romanico (risalente al Mille e dedicato a San Cristoforo, patrono della città), sovrastato dalla torre campanaria con le antiche campane i cui rintocchi ispirarono al poeta “L’ora di Barga”. Ancora Pascoli ci ricorda la vicenda dei barghigiani quando al tempo dei tempi “campavano rosicchiando castagne e fecero il Duomo”, come a dire che non conta il lignaggio o la ricchezza, ma la costanza e la fede. Così venne fuori un capolavoro.
Nella navata centrale si trova il gioiello di Barga: un superbo ambone, attribuito a Guido Bigarelli o a un suo allievo (XIII secolo). Cinque colonne di marmo reggono la cassa rettangolare, ma sono le decorazioni che impressionano: le due colonne centrali poggiano su due leoni marmorei, uno di questi aggredisce un uomo che giace sotto le sue fauci. Un’altra colonna poggia su un nano.
Le terrecotte della bottega di Andrea Della Robbia, conservate nella chiesa di San Francesco, sono un indicatore della positiva influenza fiorentina e della signoria dei Medici (l’unione a Firenze risale al 1331) e comporta rinnovamenti edilizi che proseguono fino a tutto il Settecento con bei palazzi, alcuni dei quali hanno facciate che le rendono uniche: su di esse si notano piccole sculture in pietra raffiguranti faccine antropomorfe, un tempo considerate propiziatrici di fertilità, oggi resta la tradizione di esprimere un desiderio tenendo premuto l’indice e il medio della mano destra su di esse. E il desiderio si avvererà.
Tra le costruzioni merita una visita il Teatro dell’Accademia dei Differenti, risalente al 1795, oggi sala inaugurale dell’annuale Festival Opera Barga. Sul suo palcoscenico bomboniera arrivano personaggi come Stefano Accorsi, Rocco Papaleo, Alessandro Haber o Claudia Pandolfi, che arricchiscono il già intrigante panorama umano di questa terra (dove vi può capitare di incontrare nella sua boutique Vania, ex modella che ha sfilato per i grandi nomi del made in Italy, da Etro ad Armani; o un artista irlandese, Keane, che si è trasferito qui trent’anni fa e ha “taggato” la storia con codici a barre, Qr Code per l’esattezza. A ogni monumento, piazza, ristorante o chiesa, Duomo compreso, corrisponde un codice impresso su mattonelle in ceramica con inchiostro indelebile, incastrate con sapienza nei punti più strategici come fossero numeri civici futuribili: basta inquadrare il Qr Code con uno smartphone o un tablet per veder apparire notizie, storie, curiosità).
Vicino al Duomo si colloca l’edificio del potere civile, ovvero la trecentesca loggia del Podestà. Qui sono ospitate le collezioni geologiche e archeologiche del comune. Discesa la scalinata accanto al Duomo, si arriva in piazza Angelio, lo spazio pubblico che ospita le maggiori manifestazioni culturali. Fra queste si segnala BargaJazz, che in estate da questo palcoscenico “esporta” anche nei centri vicini della valle gli appuntamenti musicali in programma con artisti da tutto il mondo, soprattutto da New York.
Dai sobborghi di Barga si snodavano le mulattiere che superavano l’Appennino. Fra queste era anche la famosa “Via dei remi”, costruita per facilitare l’utilizzo dei boschi al di là del crinale. Il legname, portato a valle e quindi fluitato sul fiume Serchio, soddisfaceva le esigenze della flotta toscana nell’Arsenale di Pisa. Così le passeggiate nei boschi si riempiono, oltre che di aria buona e magnifica natura, anche di storia.