Un Museo che non è un museo ma, purtroppo e forse solo per ora, una mostra. Ciò non toglie nulla se non il dispiacere per la mancata continuità visto l’importanza e la “bellezza” di questa esposizione.
Tutto nasce per volontà di Vittorio Sgarbi. Quando fu sindaco di Salemi, in Sicilia, realizzò il Museo della Mafia (lo abbiamo visto anche nel 2011 alla 54esima edizione della Biennale di Venezia). Lì a Salemi, Sgarbi incontrò Cesare Inzerillo. Di lui dice: “Non meno di Leonardo Sciascia e di Gesualdo Bufalino, lo ritengo un dono della Sicilia all’Italia. E’ con Inzerillo che Sgarbi ha pensato e ideato questa mostra-museo.
Ed è con lui che ha raccolto immagini, documenti, oggetti “che raccontano a latere dell’umanità, evocata da Inzerillo,- spiega Vittorio Sgarbi – le condizioni umilianti e dolenti dell’alienazione.”
Che l’arte sia stata spesso (e lo sia tuttora) dominata e guidata dalla follia, in senso stretto o letterale, è indubbio. A Mantova, a Palazzo della Ragione, non si fa , però, solo storia di quella condizione umana, cioè non si racconta di quello che è accaduto nelle menti di pittori del passato da Pontormo a Van Gogh. Si fa la storia di quello che è successo a migliaia di anonimi matti, confinati nei manicomi giudiziari italiani.
Ci sono spettrali mummie con i loro pigiami a righe che tanto ricordano i disgraziati ebrei nei campi di concentramento nazisti. Uomini e donne che hanno lasciato traccia di sé attraveso scritti, foto, oggetti accumulati nel corso della loro esistenza desolante.
Vite alleggerite, talvolta, dalla poesia e dai sogni nonostante il luogo tetro nel quale sopravvivevano alla loro malattia. E, ciò, è reso da fotografie, installazioni documenti, lettere…
C’è anche un’importante testimonianza dai video delle Teche Rai. Parla Franco Basaglia, lo psichiatra “liberatore” con la legge a suo nome, liberatore di questi poveri cristi, legge del 1978 applicata solo pochi mesi fa.
In questo contesto, si aggiungono opere di artisti segnati dal ricovero in manicomio come Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi. Pittori visionari , esuberanti e potenti sulla tela. Oltre a loro, artisti meno noti.
“Il museo della follia – scrive Sgarbi nel bel catalogo – è una serie di suggestioni, di paure, di prepotenze che dovranno riguardare anche noi, protetti e attratti dai matti. D’altra parte li abbiamo fatti diventare artisti. Se la follia vive nei sogni, non ci possiamo liberare di lei”.
Daniela Annaro