di Daniela Zanuso
Lo stato americano della Virginia ha detto basta alla pena di morte. E’ stata chiusa per sempre la ‘camera della morte’ nel penitenziario di Greensville.
Dopo il Texas, che ha il tristissimo primato di 1400 esecuzioni dalla sua fondazione, la Virginia è stata, fino ad ora, il secondo stato per record di esecuzioni capitali: 1389 esecuzioni, 500 delle quali nei confronti di schiavi.
Giorni fa, il governatore democratico Ralph Northam, da sempre abolizionista, ha firmato la legge approvata ad inizio del 2021. Durante la firma ha dichiarato: “Firmare questa legge è la cosa giusta da fare. Non c’è posto per la pena di morte nel nostro Stato, nel sud e nel paese”. Il governatore, a seguito delle proteste contro le violenze della polizia dopo il caso George Floyd, era giunto alla conclusione che anche la pena di morte veniva decisa in maniera sproporzionata nei confronti di persone che appartengono a minoranze etniche.
Anche il direttore esecutivo dell’organizzazione Death Penalty Information Center, Robert Dunham, durante la firma del documento per l’abolizione, ha dichiarato: “La pena di morte della Virginia ha profonde radici nella schiavitù, nei linciaggi e nelle leggi di segregazione. Era necessario smantellare questo strumento usato storicamente come meccanismo per l’oppressione razziale”.
La Virginia è il 23esimo stato americano ad abolire la pena di morte e il primo stato del sud. Ce ne sono altri 24 che hanno ancora nella loro costituzione la condanna a morte e 3 (California, Oregon e Pennsylvania) che hanno imposto delle moratorie senza però abolirla definitivamente.
E’ un gesto di civiltà, progresso e rispetto dei diritti umani. Auguriamoci che possa aprire la strada al cambiamento degli altri 24 Stati americani.