Ainu Nenoan Ainu

Di Silvia Biffi

progetto-immagineL’ AINU NENOAN AINU non è altro che l’ ‘Umano veramente umano’: non è altro che Lodi.
In questo ottobre di cambiamento, mentre le foglie cadono sui viali e i rami si trasformano in lunghe braccia, la cittadina è invasa dal Festival della Fotografia Etica, iniziativa ormai alla settima edizione. Per tre settimane i luoghi d’incontro di Lodi – dalla biblioteca ai palazzi pubblici – incontrano ciò che sta al di fuori del mondo quotidiano di paese, aprendosi allo sguardo di grandi fotografi internazionali; mappa alla mano, le vie si evolvono in una mostra a cielo aperto, che costringe il visitatore al confronto tra ciò che vede e ciò che vive. Gli spazi tematici rimbalzano dal Report Award alle Organizzazioni internazionali, dal Premio Voglino alle Vite degli Altri, tracciando un’audace linea comune: Documenting Humanity.

L’umanità è un concentrato di Etica; questa parola leggiadra è sempre tra noi senza farsi troppo sentire, regola tutti i nostri comportamenti sociali ed intimi, ricama i nostri abiti giornalieri. Te ne accorgi quando guidi piano per portare la nonna al supermercato, quando tenti un linguaggio autorevole sul posto di lavoro, quando ti senti in colpa perché hai vent’anni ma occupi il posto in metropolitana. L’etica è la famiglia che ci cresce e costruisce, determinando le nostre scelte: eppure resta la cosa più fragile e malleabile che abbiamo, quella frazione in cui il mondo ha sempre potere d’influenza.

E’ naturale quindi che la fotografia abbia deciso di violentare questo luogo, portandoci in scena il Teatro della Terra; gli scatti rubati alla tragedia, alla lontananza, alla diversità assumono un’importanza capitale come strumenti  di conoscenza. L’etica concreta di Lodi è lontana dalla morale rigida del giudizio, vicina alla verità del sentimento di pancia: oppone alla retorica stanca una forza viva e fulgida che obbliga alla riflessione. Così lo spettatore, turista o fotografo che sia, davanti a notti siriane, ghiacci polari, paradisi fiscali e tribù primitive subisce il senso di comunità e si interroga. E quando l’uomo si interroga nasce l’arte.

La  coralità rompe il silenzio fotografico, le sale di Lodi sembrano riempirsi d’acqua di fiume e voci improvvise che parlano, parlano, parlano: l’etica è metamorfosi.  Solo allora tra tutte le immagini sembra d’aver trovato un punto  d’approdo: una ragazza Yanonami sfocata, nuda, libera, ride su una liana e con tutto il resto grida UMANO VERAMENTE UMANO.

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Il festival lascia un segno forte e fertile non nella denuncia, ma nel cambiamento; nell’auspicio di un mondo possibile in equilibrio; nella chiamata alle masse attraverso l’umiltà.

Io che nulla amo più
dello scontento per le cose mutabili
Così nulla odio più  del profondo scontento
per le cose che non possono cambiare.
[Bertolt Brecht]

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