Al Guggenheim un castello di cous cous

kader-attiaNoi italiani alle ricette-capolavoro ci siamo abituati per deformazione di nazionalità, eppure nessuno era mai arrivato a pensare di mettere una carbonara sotto teca. L’equivalente del gesto lo ha fatto invece l’artista algerino Kader Attia, che ha appena «esposto» un piatto di cous cous niente meno che al Guggenheim di New York.

Il creativo ha trasformato le sale del celeberrimo museo in una cucina medio orientale, preparando su fornelli d’eccezione circa 350 chili di cous cous con i quali ha poi costruito un modello della fortezza di Ghardaia, una delle più antiche strutture erette nel deserto del Sahara.

Attia ha scelto il cous cous come materiale di costruzione non solo perché assomiglia a granelli di sabbia ma anche perché  il piatto risale all’epoca berbera, prima che arabi ed europei invadessero il nord africa. Ma con l’installazione l’artista ha anche voluto rendere omaggio alla madre, vera esperta della ricetta berbera tanto che al New Yorker ha detto «Sono stato educato col cous cous» e ancora «Quello di mia mamma era una vera favola».

Durante i cinque mesi nei quali l’opera resterà al Guggenheim, è probabile che nel «castello» di cous cous si aprano delle crepe: «È giusto così – dice l’artista – è quello che succede anche nella realtà. Ho detto ai curatori che non ho intenzione di ritoccare o rattoppare l’opera. Le crepe sono come rughe o ferite: bisogna imparare a conviverci».

Ilaria Beretta

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