Alessandro Bergonzoni, giocoliere delle parole

di Daniela Zanuso

Trascendo e salgo”; “Glabro uccide barbone”; “Le condoglianze. Le sentite?”; “L’infermiera ha fatto la notte, brava”; “Me ne frego se il panda è stinto”; “Aveva dei problemi con la bottiglia. Non riusciva ad aprirla”.

Una serata indimenticabile quella che Alessandro Bergonzoni ha offerto al pubblico delTeatro Manzoni di Monza sabato 14 aprile. Monza, difatti, è una delle piazze scelte per l’anteprima del nuovo spettacolo di Bergonzoni “Sii” in cui lui è autore, interprete, scenografo e, insieme a Riccardo Rodolfi, regista.

Negli ultimi anni l’artista bolognese, uno dei più interessanti ed originali della scena contemporanea, è diventato famoso per le sue esplorazioni linguistiche, per la sua capacità di giocare con le parole e restituirle al pubblico moltiplicate nel loro significato. Questa è la sua cifra stilistica:  una comicità raffinata fatta di geniali provocazioni, di incastri di parole, di desinenze, di radici.  

Parlare di Bergonzoni non è facile. E’ un intellettuale profondo, un performer dell’assurdo a volte difficile da seguire nei suoi voli pindarici, nei suoi giochi di memoria, nelle sue associazioni, in cui riesce a coniugare la vita quotidiana ai massimi sistemi, la banalità al senso della vita, i luoghi comuni all’etica e tutto senza alcuna volgarità. Il suo stile un po’ surreale, è giocoso e soprattutto sorprendente. Sì, perché Bergonzoni riesce sempre a sorprenderci e, come nel precedente spettacolo “Nessi”, senza avere un filo conduttore, gioca in modo sublime e leggero con le parole, con le frasi, e ci restituisce nuove visioni, ci apre nuovi orizzonti e mondi paralleli. E non dà mai tregua allo spettatore.

Efficace l’espediente scenografico di celarsi a tratti in cima ad una scala o dietro ad un telo orizzontale da dove spuntano solo i piedi in continuo movimento. La voce diventa in questo modo la sola protagonista.

Battute a raffica nella prima parte dello spettacolo lasciano lo spettatore senza fiato, mentre nella seconda i temi più impegnativi (Cucchi e Regeni, migranti, malati, carceri, anziani, disabili) rimandano a pensieri più profondi e lasciano nello spettatore un certo turbamento.

E quando si esce dalla sala ci si sente come dopo una sbornia: un po’ euforici, un po’ storditi. Sicuramente sorpresi da tanta genialità.

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