È difficile risalire alla data precisa in cui la sua bottega di artigiani calzolai aprì i battenti. Con certezza, però, sappiamo che Alessio ha iniziato a prestare proprio qui la sua prima e timida manodopera, all’età di 15 anni. Era la metà degli impavidi anni ’70 e già due generazioni prima della sua si erano dedicate al rifacimento di tacchi e suole, alla cucitura di scarpe e al salvataggio delle borse votate altrimenti al disuso. E le tecniche, da allora, non sono cambiate nella sostanza. Si lavora “come una volta”, con orgoglio e strenua difesa.
Così Alessio si diletta nell’usare la colla bostik per far rinascere tacchi e suole, dopo aver ridisegnato la sagoma del “pezzo vecchio” su un novello spazio di gomma. Cede poi il turno ad un apposito rullo con lo specifico compito di permettere alla colla una perfetta aderenza con la suola.
Arriva, a questo punto, la volta della fresatura, per rendere la suola o il tacco perfetti per la scarpa che completeranno e si conclude l’operazione più propriamente tecnica con il “raspatac”: la ridefinizione del lavoro con un leggero foglio di carta vetrata. Ed infine, la suola è pronta ad essere uniformata alla scarpa con una mistura di cera e colore.
Tutto manualmente, ad esclusione dei processi di fresatura e lucidatura, eseguiti da una macchina dotata di rulli multifunzione che pare, a detta di Alessio, abbia da poco compiuto l’ottantesimo anno di età.
Rifatte le suole e fatti rinascere i tacchi, Alessio si accinge a sistemare il consumatissimo interno della scarpa tramite un pezzo di pelle che, sguarnito, incollato e fatto aderire al tallone della scarpa, è cucito al suo interno con un altro pezzo d’epoca: una vecchia macchina Singer, dove il lavoro di cucitura sembra quasi automatico. Fatto ciò, non resta che “scarnire” la pelle in eccesso e contattare il padrone delle scarpe rinate.
Camilla Mantegazza