Alla paura

di Enzo Biffi

Alla paura non chiedere ragione. Io ho paura degli animali: indistintamente da taglia e specie, senza motivo alcuno. Semplicemente non mi fido di loro anche messo davanti all’evidenza della loro innocuità.

Ho paura e basta.

Così scopro che quando ci lasciamo permeare da uno stato di paura, questo ci porta come in apnea, tratteniamo il fiato consci di non poterlo fare a lungo e nel mentre, stando fermi il più possibile per risparmiare energie, non ragioniamo ma attendiamo solo di ricominciare a respirare.

Così mi trovo, in attesa e sospeso, a cercare un gancio nel vuoto come estremo appiglio per poter tornare a raccontare qualcosa di buono.

Del resto osservo anche come la nebbia di dubbio e vaga negatività che avvolge da tempo le nostre azioni e condiziona i nostri incontri, stia frenando anche in me la volontà di qualche seppur timida critica a quanto mi accade intorno.  In nome e per conto di una prudenza, legittima e doverosa oggi più che mai, sto sacrificando in parte il senso critico che ho sempre pensato essere un dovere fondante del vivere.

Ora però non riesco più a non vedere il rischio che, intimoriti dalla supremazia dei numeri, elevati al ruolo di idoli e interpretati asetticamente, questo possa corrodere lentamente alcuni nostri valori fondamentali.

Credo quindi che stia diventando di primaria importanza vigilare affinché   il doveroso rispetto che occorre avere verso protocolli, norme e limitazioni organizzative, non costi il rinunciare alla nostra umanità.

Cercare un equilibrio fra le ragioni istituzionali e le paure personali, ancorché comprensibili, è una sfida troppo importante per rinunciarvi. È la continua sfida del funambolo…è la consueta condizione umana.

Restare umani però passa anche attraverso la responsabilità dell’assunzione di qualche rischio quando il valore che ci muove è superiore al rischio stesso. Il rischio zero oltre ad essere un obiettivo irraggiungibile, ci sta trasformando in una società rinunciataria della vita.

Il coraggio ha bisogno di un motivo.

Il lebbroso camminava portando una campanella, doveva essere scansato da tutti. Francesco si ferma, lo abbraccia, lo bacia.

A Francesco certamente deve essere servita una buona dose di coraggio per farlo.

Non esiste il raggiungimento di alcun successo senza che questo richieda di bilanciare vigilanza e rischio, ma l’ossessione del controllo totale rischia di paralizzare ogni azione, comprese quelle più nobili. Tanto più l’intento della motivazione è nobile quanto più il rischio è giustificato.

L’assillo che la nostra tranquillità vada ricercata nel raggiungimento della sicurezza assoluta condiziona negativamente le nostre vite.

Certamente la stessa civiltà democratica, nel rispetto del prossimo, ci impone di equilibrarci continuamente fra prudenze e slanci ideali. Detto questo, qualche volta sentimenti quali la fratellanza e la solidarietà dovrebbero imporci, almeno in parte, il superamento sia delle nostre paure sia di qualche regola di troppo.

Il coraggio esemplare è quello motivato dalla nostra umanità.

A chi è solo non dare spiegazione.

Su queste pagine abbiamo spesso raccontato del coraggio e della caparbietà con la quale molte persone colpite da malattie o sventure affrontano la vita sfidandola giorno per giorno con tenacia e costanza.

L’energia di tanta forza d’animo spesso la trovano nella comunità che li circonda. La solitudine è il male assoluto, affonda l’anima prima che il corpo.

Anziani, malati, semplici individui oggi rischiano isolamenti dettati spesso da timori il cui superamento richiederebbe tutto sommato ben poca audacia. Abbiamo la possibilità di cercare una inversione di rotta per il domani.

Il futuro sarà disegnato sui fogli di questo presente e a noi resta ancora la responsabilità di scegliere il soggetto.

 

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