di Francesca Radaelli
Uno scrittore cieco, seduto su una panchina in piazza, a Buenos Aires. Dietro di lui, un muro. Intorno, una cornice di fiori e qualche nota di tango. Inizia così Cita a ciegas, Appuntamento al buio, lo spettacolo basato sul testo dell’autore argentino Mario Diament e diretto da Andrée Ruth Shammah, che è approdato questo weekend al Teatro Manzoni di Monza, dopo il successo di critica e pubblico raccolto al debutto al Teatro Franco Parenti di Milano.
Lo scrittore altri non può essere che il celebre argentino Jorge Luis Borges (interpretato da uno stupendo Gioele Dix, sarcastico e profondamente poetico al tempo stesso), esperto costruttore di intrecci labirintici, narratore di coincidenze inaspettate, di sentieri che si biforcano e si congiungono tra loro. Proprio in una di queste storie lo scrittore si troverà immerso, pur senza mai allontanarsi dalla sua panchina, a seguito di una curiosa combinazione di eventi e di destini che proprio su quella panchina si intrecciano.
Il risveglio passionale di un uomo maturo per una giovane artista, il rimpianto di un vecchio cieco per un incontro mancato, il terrore di una ragazza di vivere una vita senza amore come quella della madre, l’amore struggente di una donna per un uomo al quale non ha il coraggio di avvicinarsi, l’Educazione sentimentale di Flaubert.
Una vera e propria ragnatela tiene legate le vicende dei diversi personaggi – l’Uomo (Elia Schilton), la Ragazza (interpretata dall’ottima Roberta Lanave, giovane attrice di origine monzese), la Donna (una bravissima Laura Marinoni), la Psicologa (Sara Bertelà), ma anche lo stesso Scrittore. Una ragnatela immaginaria che progressivamente si costruisce davanti allo sguardo sorpreso e divertito degli spettatori, attraverso le parole che i personaggi si scambiano tra loro sollecitati dalle domande incalzanti prima dello scrittore e poi – con un cambio della scena – della psicologa. Dialoghi che portano alla luce l’essenza dei personaggi stessi, le ferite del loro passato, le passioni del loro presente, ma anche l’inevitabile incrocio dei loro destini. Che condurrà a una tragedia terribile ma anche al ritrovarsi, ormai non più sperato, di due persone che si erano rimpiante per tutta una vita.
La regia di Andrée Ruth Shammah è davvero efficace nell’illuminare il progressivo costruirsi della ragnatela, sia dettando il ritmo degli incontri e delle conversazioni, rivelatrici, tra i personaggi, sia nel far subentrare – con un affascinante cambio di scenografia che vede il muro dentro la panchina aprirsi come un vero e proprio libro e trasformarsi nello studio di una psicoterapeuta – un secondo testimone degli eventi, la Psicologa appunto, un testimone ‘coinvolto’ al pari dello Scrittore nella vicenda e al pari dello Scrittore sempre più consapevole della rete che unisce tra loro i destini di tutti i personaggi.
Può sembrare un meccanismo perfetto quello che progressivamente conduce alla loro fine i fili che compongono la ragnatela, ma non si tratta del compiersi di un destino già scritto. Non certo un destino come quello raccontato a un certo punto dallo scrittore stesso, il destino dell’uomo che decide di passare una notte con la bellissima donna di un gangster sapendo che così facendo all’alba sarà ucciso. E che come da copione all’alba viene ucciso.
Il dramma di Mario Diament non è un libro già scritto, ma un libro che gli stessi personaggi del dramma, pur immersi nella casualità dei loro incontri, contribuiscono a scrivere, attraverso le scelte che compiono, le strade che scelgono di percorrere. Scelte che escludono gli altri infiniti destini possibili, che – dice lo Scrittore – possono esistere solo negli innumerevoli altri mondi paralleli al nostro. Per esempio il mondo in cui uno scambio di sguardi è sfociato in un incontro che in questo mondo non c’è stato. Mondi contenuti negli infiniti libri di quella biblioteca di cui lo Scrittore immagina sia fatta l’eternità.
Cita a ciegas – uno spettacolo che vale davvero la visione, diretto e recitato in maniera impeccabile – apre davanti ai nostri occhi proprio uno di questi libri, uno di questi intrecci possibili di passioni e casualità, di passato e presente, che si dispiega al ritmo lento e malinconico di un tango argentino.