da Giannella Channel
A metà strada tra Roma e Napoli, questo borgo antichissimo della Ciociaria gioca la carta della rivitalizzazione della sua ricca memoria storica, testimoniata da mura ciclopiche e dai suoi tanti cittadini illustri.
Una mattina avvolta dalla polvere di sole mi lascio alle spalle il Corso Tulliano in Arpino, borgo tra i più antichi della Ciociaria laziale, e le quattro finestre della casa natale di Pasquale Rotondi (il soprintendente che, durante la seconda guerra mondiale, aveva dato ricovero e salvezza nel Montefeltro alle principali opere d’arte italiane, dalla Tempesta del Giorgione di Venezia ai dipinti di Piero della Francesca, del Tintoretto, di Tiziano e di tanti altri grandi geni dell’arte italiana) e mi addentro nel campo santo alla ricerca della tomba di quello storico dell’arte e della sua sposa, Zea.
La trovo all’ombra di un albero, fiancheggiata da una panchina che invita alla sosta. Da lì lo sguardo spazia sulla città in basso e, ancor più giù, sulla piana del fiume Liri, mentre in alto scorgo le tracce poderose del passato di Arpino, un passato che si perde nella notte dei tempi: massicce mura costituite da grossi lastroni incastrati l’uno nell’altro che per la loro imponenza vengono chiamate “ciclopiche”, e che la tradizione attribuisce ai leggendari Pelasgi, misterioso popolo preellenico della Grecia. Un paesaggio stupefacente: nell’Acropoli si può ammirare, poco scalfito dal tempo, un arco a sesto acuto, unico in Italia, risalente al settimo secolo avanti Cristo. Qui, mi spiegano, la popolazione trovava rifugio contro le invasioni barbariche.
L’evocazione di un passato che vanta millenni di storia (caratteristica di gran parte dell’Italia) e di tanti protagonisti qui nati di statura “ciclopica” mi ha fatto affiorare alla mente il ricordo di una serata teatrale a Madrid. Andava in scena Notte di guerra al museo del Prado di Rafael Alberti. Nel meraviglioso museo madrileno, i Grandi Spiriti raffigurati nelle opere – nella finzione di quel grande scrittore spagnolo – si animano durante un drammatico episodio della Guerra civile, vissuto realmente dall’autore, incaricato di salvare i quadri più preziosi durante l’assedio della capitale spagnola da parte delle truppe golpiste di Franco e di farli arrivare in Francia prima e nel palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra poi. E i Grandi Spiriti della piccola Arpino si sono materializzati, uno dopo l’altro, nella mia immaginazione.
Qui nacque, nel 106 avanti Cristo, Cicerone, chiamato così, pare, da un piccolo fibroma a tipo di cece che ebbe sul naso. Marco Tullio Cicerone, oltre a essere stato scrittore, politico e straordinario oratore e “avvocato” in Roma, fu anche grande organizzatore di cultura. E a lui è stata dedicata un’iniziativa, unica in Europa, ideata dal preside del liceo classico Ugo Quadrini che distingue Arpino: il “certamen” latino, o gara, varato nel 1980, (www.certamenciceronianum.it) .
Nel ventaglio degli arpinati personaggi illustri dell’antichità rientrano il condottiero romano Caio Mario, che vide la luce nei pressi dell’abbazia cistercense di Casamari, nome che deriverebbe, appunto, da Casa Marii, risalente al Duecento (una vera e propria città in miniatura, ancora oggi luogo di pellegrinaggio e di spiritualità). Di Caio Mario ricordiamo la lunga disputa (con conseguenti guerre civili) avuti a partire dal 100 a. C. con il suo rivale Silla e le grandi vittorie che ebbe sulle popolazioni germaniche dei Cimbri e Teutoni. E anche un generale e consigliere di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa, al quale si deve la costruzione del Pantheon.
Né, per quanto rapida, la corsa storica può trascurare Vittoria Colonna, marchesa di Pescara in quanto moglie di Fernando Francesco d’Avalos feudatario di Arpino (Marino, 1490 circa – Roma, 1547), poetessa e letterata che qui ha vissuto, amica personale di Michelangelo. Poi il pittore Giuseppe Cesari (1568-1640) detto il Cavaliere d’Arpino che, oltre ad affrescare la splendida sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio a Roma, ebbe numerosi allievi tra i quali campeggia Caravaggio. E ancora lo scultore Domenico Mastroianni, capostipite di una grande famiglia di artisti, dal figlio Alberto (scultore e caricaturista) al nipote Umberto (scultore di fama mondiale), ai pronipoti Ruggero (apprezzatissimo montatore cinematografico) a Marcello Mastroianni, grande e indimenticabile attore, e infine il citato Pasquale Rotondi, il salvatore dell’arte italiana, “un intellettuale che amava servire la cultura piuttosto che servirsene” (come ebbe a definirlo efficacemente Giulio Carlo Argan) che riuscì a preservare dalla barbarie della guerra l’anima stessa del nostro Paese e la più grande concentrazione di opere d’arte mai messa insieme nella storia dell’umanità.
(Info: www.arpinoturismo.it, mail del Comune: [email protected] e della Pro Loco [email protected]).
Salvare la memoria, il Certamen ciceroniano, i Grandi Spiriti… La lezione che ci arriva da questo borgo è quella in cui sono maestri i francesi che, in Provenza, ricostruiscono, con suggestivi sentieri, i passi dei poeti e degli artisti (da Chagall a Matisse), che qui trovarono le migliori stagioni di creatività; o a Digione invitano i viaggiatori a seguire Il percorso delle civette: un itinerario in 22 tappe che accompagna alla scoperta degli edifici chiave dell’identità della città che ha appunto una civetta come simbolo.
Sarebbe bello se anche nell’Italia dei borghi (e non solo) nascessero i Sentieri della storia che, partendo dalla Pro loco o dall’Ufficio turistico, guidassero i visitatori alla scoperta di questi luoghi storici diventando una carta in più per il rilancio turistico italiano. Se lo augurava anche Domenico De Masi, nel Manifesto di Ravello: