L’artista della Libertà

da giannellachannel.info

Pasquale Rotondi ha 32 anni, è il 5 giugno 1940. Al docente di storia, sovraintendente alla Belle arti di Pesaro e Urbino ci vorranno cinque anni, tre mesi e otto giorni per impedire che i nazisti mettano le mani sui Giorgione, i Tintoretto, Caravaggio, Lotto, Mantegna, Tiepolo… 7.821 opere dell’arte italiane che oggi sono ancora nostre. «Il patrimonio artistico è mediazione e viaggio tra le epoche e racconto immediato di emozioni che hanno costruito le nostre identità: non può essere custodito e tramandato se non ce ne occupiamo tutti», dice Laura Curino che con il titolo La lista, salvare l’arte: il capolavoro di Pasquale Rotondi fa una chiamata alle armi perché non si sottovaluti la ricchezza culturale in nome di crisi e altre priorità.

E venerdì 25 maggio l’ha portata in anteprima sul palco della Festa di Rai Radio 3 a Cesena (e poi, venerdì 8 giugno, nel Teatro della Rocca di Sassocorvaro, per la Montefeltro Art Week del Premio Rotondi ai salvatori dell’arte, Ndr) dove incontri, riflessioni, musica e spettacoli sono guidati dal filo di due parole: Tirannia e Libertà.

È un racconto di avventura, di luoghi preziosi, di opere di immenso valore portate in salvo da un pugno di persone senza denaro e senza strumenti. È una storia che dà coraggio, fa riflettere sul significato della parola responsabilità e ci porta in una storia mozzafiato che meriterebbe un gran film. In attesa ve lo racconto io.

Rotondi non è un eroe. Ma il suo senso di responsabilità gli fa compiere un gesto eroico: non è certo l’eroismo quello che cerca Curino. Il suo teatro civile, di narrazione è soprattutto di pensiero e di relazione è il grimaldello con cui l’attrice incarna e cede a chi l’ascolta l’energia per costruirsi idee, intenzioni, trovare le ragioni per cui sentirsi cittadini e cittadini della polis. È politica attiva… e partecipata… E allora cosa troviamo attraverso Pasquale Rotondi?

«La nostra attuale libertà», dice Curino. «Gesti come quello di Rotondi sono stati tra i momenti fondativi delle libertà. Spesso restano teorici e lontani dai giovani che le danno per scontate. Cosa meglio di un quadro, una statua per reificarle. Gli oggetti d’arte diventano in questa storia i testimoni per meglio comprendere che se oggi queste cose sono tue è perché qualcuno ha pensato che tu ne avessi diritto. E che tutti i malvagi, i fascisti e gli stupidi dovessero essere neutralizzati, pure beffati. Qualcuno ha salvato quei quadri, qualcuno ha salvato la tua libertà».

«Non bisogna infelicitarsi prima del tempo» aveva l’abitudine di dire Rotondi, si racconta nello spettacolo. Con la sua strenua volontà di essere felice il sovraintendente fa del proprio piacere una felicità collettiva. Nei cinque anni dell’organizzazione del salvataggio Rotondi ne è proprietario, oggi diremmo virtuale. Quelle opere che amava, su cui aveva costruito la normale quotidianità di persona schiva, passano tra le sue mani, qualche volta le nasconde sotto il letto. Ne diventa custode ed erede, forte del proprio piacere. E forte di quanto sia vitale proteggere il bene comune. La felicità individuale si fa collettiva.

«Pasquale ha il senso del compito che gli è stato dato. Per esempio che essere un funzionario di Stato significa rispondere ai cittadini prima che a chi lo dirige. Quindi anche un uomo pacato come lui di fronte alla scelta, disubbidisce. Per il bene di tutti». L’impresa di Rotondi è rimasta nell’ombra quarant’anni, l’hanno riscoperta Oriano Giacomi, giovane sindaco di Sassocorvaro, che alla fine degli anni ‘80 va a cercarlo, e Salvatore Giannella, giornalista, cacciatore e cercatore di storie che raccogliendo quella di Rotondi ha raccontato il patrimonio artistico italiano in diversi volumi e in uno sceneggiato per la Rai. «Lo spettacolo che porto in scena deve molto a Giannella. E agli incontri con la moglie di Pasquale, con le figlie e i suoi amici. Rotondi ha una grande capacità organizzativa, sa produrre lavoro e sa farlo produrre ad altri. Questa sua capacità ha contagiato molte altre persone che come lui sono rimaste nell’ombra. Anche in questa occasione lo spettacolo non è finito. Saranno altri incontri con chi ha vissuto momenti di questa avventura, o chi l’ha conosciuta attraverso i racconti orali a continuare a costruirlo durante le repliche». E anche questo è il senso del teatro di scrittura e di pensiero di Laura Curino.

Urbino 1940: Pasquale Rotondi con il fedele autista e collaboratore Augusto Pretelli (a capo scoperto)
e l’auto Balilla della Fiat usata per i suoi spostamenti necessari per l’Operazione Salvataggio.

L’anticipazione

Rotondi che indossa i panni di uomo d’azione infaticabile. I viaggi dal Veneto, dalla Lombardia, dalle Marche, da Roma, verso il “Ricovero”, come veniva chiamata per tutto il tempo dell’Operazione salvataggio la rocca di Sassocorvaro. L’avidità di Goring e di Hitler, le imprese rocambolesche di custodie e altri funzionari che parteciparono all’impresa… Ecco qualche pagina del testo in anteprima.

… Arriviamo al 5 giugno 1940. Da qui faremo partire un virtuale calendario elettronico come quelli che mettono nelle piazze: di “Mancano… tot… alle Olimpiadi”. Il nostro calendario si chiama Operazione Salvataggio e ci servirà esattamente per 5 anni 3 mesi e 8 giorni. Pasquale ha 31 anni.

«Le cose si mettono male, Zea. Ho l’ordine di cominciare subito a trasferire opere a Sassocorvaro».
«E che problema c’è?»
«C’è che Sassocorvaro non è pronta: servono muri antischegge, parafulmini, una pompa idraulica per la cisterna della Rocca per l’antincendio. Ci vuole un nuovo impianto elettrico, quello va a fuoco solo a guardarlo. E campanelli d’allarme collegati coi Carabinieri. Estintori, idranti. (Pasquale vuole istallare tutto ciò che c’è di più moderno, mentre il Ministero andava ancora a vapore e non gli mandano i soldi). Mi servono più custodi e più carabinieri. Devo fare accordi coi pompieri di Pesaro e mettere su anche una squadra antincendio di volontari sul posto e farli istruire… bisogna costruire le casse per le opere e accordarsi con il trasportatore…»
«Calma, c’è tempo…»
«No, non c’è tempo e il problema è che non ci sono nemmeno i soldi. Dal Ministero non arrivano che spiccioli»

Insomma: il Ministero aveva ordinato di allestire un Ricovero, i funzionari hanno passato la palla a Rotondi e poi chi s’è visto s’è visto. Nelle alte sfere nessuno si scalda troppo per l’arte. Mussolini no di sicuro. La pittura non è virile. L’architettura è virile, la grafica è virile, la fotografia è virile, il cinema poi è virilissimo. Ottimo per la propaganda. Difficile usare una Madonna del Bellini per far pubblicità al Duce! Quindi dar soldi a Pasquale Rotondi non è una priorità.

«E allora come farai?»
«A credito. Come devo fare? A credito. Giuseppe Montagna, il capomastro, mi ha detto che lavorerà su promessa di compenso a tempo… indeterminato».
«E per i custodi?»
«Ho quelli di qua a Urbino, che sono sei, ma tre sono invalidi di guerra… oltre a loro ho solo un economo, Clavari, e un caposervizio, Pigrucci. Non un ispettore, non un segretario, non un assistente. Per il trasporto ho i mezzi che mi hanno assicurato le prefetture di Pesaro, Ancona, Ascoli Piceno e Macerata»

In alcuni musei particolarmente previdenti custodi e addetti in quel momento stanno imballando, arrotolando e avvolgendo i nostri tesori d’arte. Hanno tutti sguardi seri, intensi, li vedi nelle fotografie. Sono rassegnati, ma tristi. Sono stati vicini a quei capolavori per anni, si sono abituati a loro come ai mobili di famiglia, ci sono affezionati, e ora devono staccarli dalle pareti, imballarli e mandarli via. I lavori procedono. Rotondi tempesta il Ministero di richieste di denaro. Niente.

8 giugno 1940, tre giorni dopo: arrivano le prime casse da Pesaro. Ceramiche. Fragilissime.
A ogni pacco che si chiude, a ogni cassa che si sigilla, la guerra sembra sempre più vicina. E non sembra più così bella come la propaganda racconta: 10 giugno 1940.

Il discorso Mussolini se l’era preparato allo specchio e viene trasmesso dall’EIAR, la Radio di Stato, nelle principali città italiane tramite altoparlanti. Con gli autocarri carichi di opere d’arte prelevate a Jesi e a Fabriano transitando per la via Flaminia durante una sosta al passo del Furlo, Pasquale ha ascoltato da una radio che oggi l’Italia è entrata in guerra. In una settimana riesce a portare in riparo le opere di Ancona, Osimo, Ascoli e Fermo. «Forza ragazzi, che ce la facciamo!».

A luglio arrivano quelle di Macerata e di Lagosta, nell’attuale Croazia che allora era territorio italiano. «Dentro!». Il mese dopo il materiale della famosa Biblioteca Oliveriana di Pesaro. Libri, carte e manoscritti. «Forza! Dentro!».

Ricordo una visita molti anni fa in un monastero, in Romania, era appena caduto Ceausescu. Le monache alzarono i coperchi delle grandi cassapanche da corredo e invece che lenzuola contenevano manoscritti di poeti e scrittori dissidenti. In altre c’erano dipinti, disegni, testamenti, tutti documenti che le suore custodivano segretamente.

Anche Sassocorvaro era top secret: viene chiamato semplicemente “Ricovero” con la erre maiuscola, mai si farà cenno alla località a voce o nei documenti. In loco si tiene un basso profilo, anche perché dal ministero non arrivano soldi. I dipendenti aspettano le paghe. Per ora Rotondi ha potuto comprare solo le divise, per loro e per la squadra antincendio… La divisa fa squadra.

«Buongiorno professore, tutto bene?!»
«Benissimo, e voi?»
«Eh, ciò li figlioli soldati… speriamo in bene»
«Speriamo…»

Come San Giorgio del Mantegna, che a dire il vero un po’ gli somiglia, Rotondi tratta il drago della guerra come se fosse un docile cagnolino da tenere al guinzaglio.

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