di Luigi Picheca
Stiamo navigando a gonfie vele verso una delle stagioni che ormai ci riserva una quantità di rovesci e temporali di forte consistenza. Questo ci deve preparare ai soliti disastri, quei dissesti idrogeologici che ci siamo abituati a subire o a vedere in tv.
Si parla da anni di questo problema e si fa poco per cercare di contenerne le conseguenze e i disagi. Non si possono certo contrastare le conseguenze di questi fenomeni col solo aiuto delle varie organizzazioni di Volontariato e tramite gli interventi della Protezione Civile che si trova a dover gestire troppi episodi di dissesti, magari contemporanei, che si verificano su tutto il nostro territorio ma possiamo chiedere al Governo di istituire delle organizzazioni ben congegnate, delle task force di professionisti in grado di pianificare interventi di prevenzione per curare a dovere i fiumi e i territori a rischio.
Sicuramente si creerebbe occupazione e si eviterebbero tanti problemi, specialmente causati dalle esondazioni di torrenti e fiumi in quelle zone ormai note dove si ripetono queste disgrazie.
Si eviterebbero in questo modo un buon numero di disastri dovuti all’incuria dell’uomo e all’abbandono di aree come quelle di campagna e montane che hanno visto l’abbandono da parte della popolazione, chiamata verso le città alla ricerca di una vita più agiata e fortunata. Si potrebbe incentivare il ritorno verso questi luoghi favorendo la costituzione di cooperative di chi è rimasto senza lavoro e beneficiandoli con sgravi fiscali per il periodo di avviamento di queste attività e organizzandoli per produrre beni utili al mercato. In cambio dovrebbero assicurare la manutenzione dei loro territori.
Forse costerebbe meno degli interventi di emergenza derivanti dalle numerose esondazioni che si verificano ogni anno e risparmierebbero tanti disagi e danni alla popolazione.
Ricordo le nebbie fitte di quando ero bambino. Talmente fitte che non riuscivo a vedere il cancello di casa tornando da scuola. Ricordo pure il gelo serale di quando col motorino uscivo da Milano per tornare verso Monza, un gelo che mi entrava nelle ossa quando lasciavo il tepore della città e mi spostavo negli spazi aperti con i campi ancora esistenti. Oggi non c’è più discontinuità tra la città di Milano e le cittadine satellite, un clima nettamente diverso che ci deve fare pensare.
Penso che geologi, ingegneri ed architetti dovrebbero creare nuovi spazi tra le costruzioni nei nuovi quartieri o progettando nuove città, lasciando spazi verdi e utilizzando meno cemento e asfalto per consentire l’assorbimento dell’acqua piovana.
Gli scienziati, i meteorologi e i politici di tutto il mondo devono cominciare a mettere in atto quelle prevenzioni h raccomandate dagli studiosi per limitare le emissioni nocive e dei gas effetto serra che ancora si producono in quantità eccessive.
La cultura del mantenimento del pianeta deve avere la precedenza su altri problemi che riguardano tutti noi.
Ci sono tante cose da fare ed è arrivato il momento di cominciare a farle.
Luigi Picheca