di Mattia Gelosa
Senza dubbio uno dei registi italiani contemporanei più famosi del mondo, Dario Argento, 75 anni proprio oggi, ha ancora voglia di mettersi al lavoro tra cinema, televisione e teatro.
Nato a Roma nel 1940, l’ascesa di Argento inizia nel 1970 con L’uccello dalla piume di cristallo, film che getterà le basi del moderno thriller all’italiana e a cui seguiranno a un anno uno dall’altro Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio. Questi tre film, chiamati dalla critica “trilogia degli animali”, porteranno tutti i registi di genere italiani a inserire un nome animale nei propri titoli e a cavalcare alcuni elementi della cinematografia del regista romano.
Il plot è quello di un giallo/thriller tradizionale, con delitti e un assassino da scoprire, ma gli omicidi diventano cruenti, filmati senza censure, con effetti speciali nuovi e spesso con una visione in soggettiva che ci mette nei panni del killer e delle vittime a fasi alterne. La morte non sarà più improvvisa, a sorpresa, ma arriva dopo scene dense di una suspense costruita grazie a luoghi tenebrosi, nebbie, rumori sinistri, ma anche grazie a una regia sapiente che sa come muovere al meglio la macchina da presa facendola scivolare su lunghi ed eleganti carrelli o muovendola in pianisequenza complessi e senza alcuno stacco che disorientano lo spettatore e lo inquietano.
Moderni sono anche i temi che il maestro inizierà a toccare: abbiamo perversioni sessuali, traumi infantili e psicanalisi, omosessualità ed anche una forte presenza di donne emancipate e forti tanto quanto i corrispondenti maschili.
Dario Argento, profondo conoscitore di musica, si avvale per questi primi film della collaborazione del maestro Morricone, che darà un tocco personale e importante ad ogni lavoro.
La musica, ormai è evidente, diventa importantisima per trasmettere angoscia e tensione, ma le partiture in puro stile film non convincono più il regista, che vorrebbe qualcosa di nuovo, accattivante per i giovani e destabilizzante per gli adulti: affida così a Giorgio Gaslini la scrittura dei brani per il suo nuovo lavoro e alla progressive band dei Goblin la loro esecuzione.
Nascerà anche grazie a loro il mito di Profondo rosso (1975), pietra miliare del cinema di genere italiano e non solo, un capolavoro di suspence e di terrore realizzato con una regia incredibile e accompagnato da un tema tra i più famosi di sempre, un arpeggio di tastiere effettate a cui seguono squarci di organo, schitarrate rock e riff di basso che danno i tempi alla macchina da presa, ai personaggi e ai battiti del nostro cuore. Chi può dimenticare poi la nenia infantile che anticipa i delitti?
La morte della scrittrice in Profondo Rosso:
Sembra l’apice irripetibile di una carriera, ma nel 1977 Argento riesce a superarsi con Suspiria, horror di fortissima atmosfera ambientato in una scuola di danza di Friburgo. I colori, resi vidivi grazie alle riprese in Technicolor, rendono questo film un capolavori visivo associabile al genere dell’espressionismo, ma la critica non fu entusiasta per via della trama abbastanza debole e in secondo piano. Ancora i Goblin, stavolta anche in veste di autori, suonano il tema principale del film, un altro arpeggio di tastiera sorretto da strumenti rock e da un coro di voci spettrali che martella la mente dello spettatore in modo ipnotico e inquietante.
I film Inferno e La terza madre saranno dei sequel meno riusciti, specie il secondo, di quest’opera gotica che apre la cosidetta “Trilogia delle tre madri”.
Argento torna al thriller più classico con Tenebre del 1982, dove ancora tocca i temi psicanalitici e sessuali a lui cari e che si ricorda soprattutto per una magistrale soggettiva dell’assassino accompagnata dal consueto rock progressivo dei Goblin.
Opera nel 1987 sarà forse l’ultimo suo film a meritare un giudizio positivo: ancora una volta i difetti di una trama debole e zoppicanti sono oscurati da una regia straordinaria fatta di soggettive, carrellate, ralenti e un incredibile finale girato nella platea del Teatro Regio di Parma.
Purtroppo, nelle opere successive sia la trama che la regia, spesso per problemi di budget, diverrano più grossolane e anche gli effetti speciali, così importanti per il genere, di fattura lontanissima da quella di qualità dei suoi inizi: per tutte queste ragioni e per un evidente calo di vena creativa Dario Argento ormai dagli anni ’90 è considerato un regista che vive di rendita ed il vero peccato è che sia davvero così.
Nonostante ciò, il romano non smette di lavorare e, anzi, ha potuto cimentarsi anche con una sua grande passione come il teatro, spesso presente nei film (vi sono ambientate scene di Quattro mosche di velluto grigio, Profondo rosso e interi film come Opera e Il fantasma dell’Opera) e ora vissuto in prima persona come regista: nel 2013 dirige per il Coccia di Novara il Macbeth di Verdi, già citato in Opera, e nel 2015 per il Carlo Felice di Venezia la Lucia di Lammermoor di Donizetti.
Auguriamo davvero a questo grande artista nostrano di poter trovare in questa nuova forma espressiva il successo e il genio dei primi film, perchè se la sensazione è che cinematograficamente Dario abbia ormai dato tutto sé stesso, la speranza è che possa tornare ad essere apprezzato come merita anche per chi è oggi, non solo per quello che fu e che fece in passato.
Tanti auguri ancora, per il tuo compleanno, ma soprattutto per il tuo futuro!