Un soffio, una manciata di voti che ha ridato speranza e fatto tirare un sospiro di sollievo all’Europa. Il verde Alexander Van der Bellen ha vinto attestandosi al 50,3 per cento con uno scarto di poco più di 31.000 voti, sull’ultranazionalista Norbert Hofer. Fondamentale è stato il voto inviato dagli austriaci per posta. Rimane però l’angoscia per quel 49,1 per cento di voti presi dal “volto buono e moderato” del FPOE, il partito della Libertà austriaco, fondato nel 1950 da ex dirigenti nazisti, che tra le sue fila annoverava personaggi come Jorge Heider .
Hofer, 45 anni, quattro figli da due matrimoni, entrato nel 1994 in politica dopo aver lavorato come ingegnere aeronautico, si è presentato agli elettori con buone maniere e senza mai alzare la voce. Parlava alla “pancia” degli austriaci di migranti che fanno paura, di islamizzazione dell’Austria, alimentando populismi e sentimenti xenofobi. Nel 2103, entrò alla Camera sfoggiando sul bavero della giacca un fiordaliso azzurro, simbolo usato dai nazisti nel 1933 e nel 1938, quando in Austria il partito di Hitler era vietato. E, in piena campagna elettorale, lo scorso 8 maggio, giorno della resa del Terzo Reich, non si é dimenticato di dire che per lui quella era “una data triste”. E, in una paese come l’Austria che non ha mai fatto i conti fino in fondo con il proprio passato, con l’aver dato i natali ad Adolf Hitler, sono argomenti che evidentemente pagano ancora.
Il fiordaliso e le date pro-Hitler possono sembrare folklore. Di certo Hofer faceva più paura quando annunciava che avrebbe rivisto le funzioni del Presidente, oggi carica onorifica, “cerimoniale”, hanno scritto molti osservatori ,per quanto il presidente ha il potere di nomina del Cancelliere. Hofer avrebbe voluto rivedere le leggi e riportare il Paese a un repubblica presidenziale, come era in passato. A quale passato è facile immaginare!
Alla luce di queste considerazioni, certo è vero per ora, per i prossimi cinque anni, l’Europa ha scongiurato il pericolo xenofobo e populista.
Ma dovrà lo stesso fare i conti con un paese in cui un cittadino su due ha votato per il FPOE, e che ha visto ridurre al 11 per cento sia socialdemocratici che popolari, i due partiti storici ,moderati. E, alla vigilia, manca esattamente un mese al referendum sulla “Brexit” ( il prossimo 23 giugno) la potenziale uscita dall’UE della Gran Bretagna, non ci sembra un bel segnale.
Daniela Annaro