Bach, il cuoco di note

Johann_Sebastian_Bachdi Alessandro Arndt Mucchi

Per gli chef si dice che la prova del cuoco sia sulle uova. Apparentemente facili da cucinare, le uova (al tegamino, in camicia o in omelette per citare tre delle ricette più semplici) non lo sono affatto, e pare che le cucine più blasonate proprio sull’uovo tentino di cogliere in fallo il nuovo arrivato dietro i fornelli.

Non sappiamo se sia vero o meno, come del resto non si può pensare ad un solo brano musicale dal quale cogliere la bravura dell’esecutore, ma volendo credere alla leggenda potremmo trovare un parallelismo con le variazioni Goldberg di Bach, o almeno con l’aria che le apre.

Come un uovo alla coque, perfetto nella sua semplicità, anche l’aria che tutti conosciamo (probabilmente tramite le incisioni di Glenn Gould che debutta proprio con le variazioni nel 1955, per poi riproporle nel 1981) è apparentemente semplice e tutto sommato abbordabile anche solo dopo qualche anno di studi. Come per l’uovo, però, la semplicità che sentiamo nasconde ben altro dietro a una costruzione matematicamente perfetta, che esplode di bravura (o sapore) variazione dopo variazione, ricetta dopo ricetta.

L’aria è alla base delle 30 variazioni che la seguono come l’uovo è alla base di innumerevoli piatti via via più elaborati nei quali però non perde il suo tipico carattere. Non lo togli dalla cucina facilmente l’uovo, rimane lì con il suo odore a ricordarti della frittata fatta la sera prima, un po’ come l’aria non sparisce mai e si ripropone a volte intensamente, a volte in maniera più delicata anche nelle variazioni più lontane dal punto di partenza.

Bach come uno chef allora? In un certo senso sì, magari non in quello etimologico di capo, ma più che altro in quello comune di cuoco. I più abili in cucina conoscono alla perfezione i sapori e gli odori di ogni ingrediente e il modo in cui si sposa con gli altri, così come Bach dominava con una maestria spiazzante i rapporti armonici tra le note.

Riusciva a far sembrare semplici e ovvie per le orecchie anche le composizioni più complesse da eseguire, mettendo ogni elemento al suo posto apparentemente naturale in un continuo ammiccare alla nostra parte più determinista. Tutto è giusto in Bach, tutto è esattamente dove deve stare, come se non fosse una creazione, ma la semplice scoperta di una perfezione immutabile.

Quando cuciniamo un uovo non stiamo inventando niente del resto, si può dire lo stesso di Bach? La domanda stride con la nostra esperienza di vita apparentemente a base di libero arbitrio, e con la figura di uno dei grandi della musica mondiale che forse non può essere ridotta a semplice scopritore.

Volendo mettere da parte l’irrisolto confronto tra due visioni opposte dell’universo non possiamo che rilevare la soddisfazione che ci danno le uova e Bach. Mangiando, o ascoltando, tornano in equilibrio le emozioni e tutto, per un breve momento prima dell’inevitabile ritorno all’irrequietezza, torna al suo posto.

Oggi accadde anche:

Charlotte Bronte, la scrittura come rifugio e riscatto

 

image_pdfVersione stampabile