di Daniela Zanuso
Un’indagine condotta a livello internazionale sulle capacità di lettura dei bambini, ha messo ai primi posti gli alunni italiani. E’ la IEA Pirls (Progress in international reading literacy study) che ha condotto il test (in Italia effettuato da Invalsi), su un campione di 3900 bambini di quarta primaria. I ragazzi italiani raggiungono il sedicesimo posto con un punteggio pari a 548 punti (la media dei Paesi Ocse è 500) e risultano più abili di tedeschi, spagnoli e francesi. Una buona notizia anche perché è evidente un netto miglioramento rispetto alla rilevazione condotta nel 2011, dove i giovani studenti italiani risultavano sotto media Ocse.
La cosa che fa riflettere è che i risultati migliori si ottengono proprio nelle scuole dove c’è una ricca biblioteca, mentre peggiorano dove è maggiore la presenza di computer. Addirittura nelle scuole senza computer i risultati raggiungono i massimi livelli. Ma a fare la differenza è anche l’atteggiamento dell’insegnante e la sua capacità di contagiare gli alunni, oltre ai progetti di lettura sostenuti anche dai genitori. I risultati migliorano quando i ragazzi vivono in una famiglia dove sono presenti almeno 100 libri (8% dei casi).
La rilevazione inoltre evidenzia che le bambine leggono meglio dei maschi (+ 7 punti) e che si legge meglio al nord (560) rispetto al centro (549) e al sud (538).
Un dato, quello del sud e isole, che purtroppo conferma che un ragazzo su due, nato al Sud in un contesto svantaggiato, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura. La povertà crescente delle classi sociali meno abbienti, accentua le disuguaglianze e rende più visibili le distanze tra chi può permettersi di investire in cultura e chi no.
Il nostro Paese investe solo il 4 per cento del Pil nell’istruzione, contro il 4,9 medio europeo. Un dato che si ripercuote sul risultato negativo ed evidenza la correlazione tra condizione economica e dispersione scolastica. Insomma un risultato buono quello dell’indagine, ma ci sono anche margini di miglioramento.