di Daniela Annaro
La sordità conclamata a soli trent’anni non gli ha impedito di diventare uno dei più grandi compositori e musicisti di tutti i tempi. Si racconta che per percepire il suono, Ludwig van Beethoven accostasse l’orecchio al pianoforte. Un aneddoto che rivela la forza straordinaria nell’affrontare una disabilità invalidante per chiunque, apocalittica per chi vive di suoni e fa uso dell’orecchio per lavorare, aggravata dal fatto che in quell’epoca non esisteva nulla, nessun apparecchio che lo potesse aiutare. Ludwig nasce a Bonn, nel 1770, tra il 15 e il 17 dicembre, non ci sono documenti precisi. Gli storici, dunque, hanno optato per il 16 dicembre.
Neanche il contesto familiare favorisce i suoi inizi. Il babbo Johann è un tenore, un uomo burbero e afflitto dall’alcolismo. Ludwig manifesta fin dall’infanzia una straordinaria attitudine per la musica. Lo soccorrono mecenati che lo aiutano ad avere buoni maestri.
I primi passi li fa a Bonn, lavora come secondo organista di corte con uno stipendio di 150 fiorini. E’ qui che studia all’università, è qui che esordisce, conquistando le simpatie del conte Ferdinand Von Waldestein. Sarà quest’ultimo a portarlo a Vienna, dove avrà un incontro “fugace” con Mozart, ma soprattutto a presentarlo a Franz Joseph Haydn.
Un incontro fondamentale. Haydn lo invita a trasferirsi a Vienna, allora vera capitale della musica, e diviene il suo maestro. Una svolta epocale che gli apre le porte dell’aristocrazia austriaca: il suo talento può esprimersi al meglio, può completare la sua formazione, approfondendo i classici greci, studiando Shakespeare e conoscendo i fondatori dello “Sturm und Drang”, Goethe e Schiller. Studi che condizionano la sua natura romantica, anzi che fanno di lui il migliore interprete del Romanticismo in musica.
Proprio mentre si afferma e ottiene successo, componendo veri capolavori come “Sonata per violino n.9“, dedicata all’amico violinista Rodolpe Kreutzer, o “Sonata per pianoforte n.8” nota come “Patetica“, prende coscienza della sua infermità.
Per lui è un dramma. e all’inizio non ne fa cenno con nessuno. Si chiude sempre di più in se stesso, medita addirittura il suicidio. Lo salva solo la fede nella musica e nella sua composizione. Un pessimismo che non gli impedisce affatto di produrre capolavori indiscussi e immortali. E’ come se l’infinita sofferenza fosse compensata dalla sua genialità. Si spegne a soli 56 anni per una polmonite. E’ il 26 marzo 1827.