“Benvenuto, rifugiato!”

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di Francesca Radaelli

5/10/2015

Utilizzare le potenzialità della tecnologia per aiutare i migranti nel cammino di ricerca di un futuro migliore. Trasformare il web in una ‘rete’ di accoglienza per chi è costretto a fuggire dal proprio paese.  Sono idee che prendono sempre più piede in Europa, dove stanno spuntando come funghi, un po’  dappertutto, iniziative e progetti di accoglienza e assistenza in cui la rete di Internet e l’innovazione tecnologica giocano un ruolo decisivo. Progetti e iniziative che sono stati protagonisti di TechFugees, la conferenza organizzata a Londra il 2 ottobre scorso da Mike Butcher, editor del sito britannico di riferimento del mondo della tecnologia Tech Crunch, che nel giro di un mese è riuscito a far confluire nella capitale britannica una folta comunità di programmatori, scienziati, startuppers e operatori umanitari, che hanno accettato la sfida: offrire una risposta tecnologica alla crisi dei rifugiati.

Mike Butcher, editor del sito TechCrunch e promotore del progetto TechFugees.
Mike Butcher, editor del sito TechCrunch e promotore del progetto TechFugees.

Proprio  Butcher, tra l’altro, ha recentemente lanciato un appello a creare “un’applicazione per smartphone per individuare rotte sicure e condividere informazioni fra chi viaggia, una app che allerti quando ci sono problemi – ad esempio un insediamento sgomberato dalla polizia in poche ore – e sistemi che diano informazioni sul trattamento dei rifugiati in diversi paesi europei”. E non stupisce allora la notizia che il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, incontrando all’Onu i grandi della Terra abbia manifestato l’intenzione di voler portare Internet nei campi profughi. In fondo Facebook è uno dei mezzi più utilizzati per rimanere in contatto con le persone lontane.

Mark Zuckerberg: il fondatore di Facebook ha voluto dire la sua anche all'Onu
Mark Zuckerberg: il fondatore di Facebook ha voluto dire la sua anche all’Onu

E questi sono solo gli ultimi di una serie di esempi che vedono assegnare alla tecnologia e soprattutto alla rete Internet un ruolo di primo piano nell’aiuto e nell’accoglienza ai migranti, come strumento per creare delle relazioni non solo virtuali. Assecondando e amplificando una mentalità improntata alla condivisione che si sta diffondendo sempre più, sul modello della cosiddetta ‘sharing economy’ (quella di BlaBlaCar e AirBnB) . E che porta, per esempio, ad aprire le porte delle proprie case- in senso letterale tutt’altro che metaforico – ai disperati che giungono in Europa costretti ad abbandonare la loro.

Nel nostro paese uno dei primi è stato il sindaco di Comerio, in provincia di Varese, che ha accolto otto persone nel suo appartamento quando ancora si era quasi agli inizi dell’ “emergenza migranti”. Ma anche a Roma è partito presto un esperimento di co-housing tra anziani soli e migranti. In Emilia Romagna si sono mossi i privati cittadini di Cesena, Verghereto, Bagno di Romagna e Mercato Saraceno. E da tutta Italia hanno iniziato a fluire notizie di cittadini che hanno deciso di aprire le porte delle loro abitazioni.

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Rispondono agli appelli lanciati dalle prefetture, si appoggiano alle associazioni. Tentano di arrivare, nel loro piccolo, là dove le istituzioni non arrivano, offrendo a chi giunge in Italia una sistemazione più dignitosa rispetto ai ‘campi profughi’ sovraffollati e al collasso. Un tentativo di promuovere un modello di integrazione serena e quotidiana, una rete di solidarietà che parte dal basso, dal singolo individuo che si sente chiamato in causa. Una rete che si sta formando, a macchia di leopardo, un po’ su tutto il territorio italiano. Una piccola rete che, in altre parti d’Europa, è già approdata sul web, sull’immensa e labirintica rete di Internet.

Flüchtlinge Willkommen

Succede in Germania, dove da poco meno di un anno è attivo il portale Flüchtlinge Willkommen/ Refugees Welcome. Significa “Benvenuti rifugiati” e nasce dall’idea di un gruppo di giovani convinti che una nuova cultura dell’accoglienza sia possibile.

“Perché i profughi non dovrebbero poter abitare nelle WG?”, si sono chiesti. WG sta per Wohngemainschaft, gli appartamenti ‘condivisi’ in cui alloggiano molti giovani tedeschi, studenti e non, dividendo le spese dell’affitto. Se nella propria ‘wegé’ (così si pronuncia la sigla) si ha del posto libero, ci si registra al portale e lo si mette a disposizione. Il modello sembrerebbe funzionare: secondo quanto riportato sul sito (in lingua inglese, tedesca e araba) finora ben 142 persone, tra i 21 e i 60 anni, hanno aperto le porte di casa propria a rifugiati provenienti dai paesi più disparati: Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Burkina Faso, Cameroon, Gambia, Ghana, Kenya, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Iraq, Iran, Pakistan, Russia, Senegal, Somalia, Sri Lanka, Siria e Tunisia.

I fondatori del portale Fluechtinge Wilkommen
I fondatori del portale Fluechtinge Wilkommen

Sul sito di  Refugees Welcome si può leggere la storia di Johann Schmidt, che ha condiviso la propria quotidianità con Azad Issa, dall’Iraq, in un appartamento di  Costanza. “Azad mi ha parlato del suo paese d’origine ed è stato in grado di spiegarmi la situazione in modo semplice e interessante. Ho imparato tanto nel periodo in cui è stato qui”.

A chi ospita non viene richiesto di contribuire economicamente, in alcune aree tedesche è previsto un sostegno economico all’accoglienza, a seconda dello ‘status’ del migrante, un contributo che corrisponde all’incirca al prezzo dell’affitto. In caso contrario, il portale è pronto a scendere in campo, raccogliendo finanziamenti attraverso il crowdfunding online. Da gennaio il progetto è attivo anche in Austria, si sta allargando rapidamente. Una storia che è approdata anche sulle pagine di autorevoli testate internazionali. La storia di una rete che è nata dal basso, da uno dei bisogni e dei piaceri forse più basilari per gli esseri umani. Quello di creare dei legami autentici con le altre persone, di condividere qualcosa con qualcuno. Di far sentire ‘a casa’ chi bussa alla propria porta.

La solidarietà può passare per il web

Proprio alla Germania toccherà accogliere il numero forse maggiore di migranti della ultima ondata, quella proveniente dalla Siria in guerra, e già su facebook si sono formati gruppi di solidarietà, a cui ci si può rivolgere per dare una mano, donando cibo e vestiti. Solo in Turingia – regione da cui provengono peraltro notizie di campi profughi incendiati ad opera di gruppi neonazisti – sono  una decina i gruppi che si servono della rete per aiutare i profughi. Il loro elenco si trova sulla homepage della radio locale, come a dire: “E’ questa la vera attualità”.

E in Italia? Nel nostro Paese, in cui forse le potenzialità del web e dei social non sono ancora sfruttate appieno per la solidarietà, la rivista Internazionale ha deciso di prendere l’iniziativa: “Aiutaci a disegnare una mappa di tutte le iniziative organizzate dai cittadini per ospitare o sostenere i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo arrivati in Italia nelle ultime settimane”, si legge sul sito del magazine, che chiede di mandare al proprio indirizzo il nome del progetto, una breve descrizione e i contatti. Insomma anche il web può aiutare costruire una rete della solidarietà. Farsi ‘coinvolgere’ non è mai stato più semplice.

Francesca Radaelli

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