Ho vissuto con pochi soldi, con pochi abiti, camminando ogni giorno andando oltre la mia persona.
Ho imparato a uscire da schemi mentali, a vivere immerso nella natura in povertà e semplicità.
Dal libro “Camminare e Sognare” di Walter Orioli, diario di 25 giorni di cammino verso Santiago di Compostela
“Altre giornate e altre notti sono trascorse da quando tornai da Santiago. È arrivata la neve sopra i 1300 metri, mentre il sole fa capolino dietro le cime delle montagne e in basso il lago rispecchia il cielo ancora plumbeo del mattino. Da questa postazione sul lago di Como rimango frequentemente in silenzio e altrettanto spesso decido di allontanarmi a piedi vagando nei numerosi sentieri dell’Alto Lario. Il pellegrinaggio come percorso geografico e sentiero interiore non finisce mai, è dettato da una forza più grande della volontà che spinge avanti. È l’espressione di un movimento sotterraneo molto più ampio del semplice esercizio fisico e destinato ancora a produrre effetti imprevedibili.
Quanto sia grande l’influenza esercitata su di noi dall’ambiente, si comprende solo quando lo si muta per qualche tempo, e il modo più efficace di fare questo è di viaggiare in un paese straniero con calma e tranquillità.
A diversi mesi di distanza, l’esperienza del pellegrino sul sentiero di Santiago de Compostela mi conduce ad esplorare l’interiorità a partire da quattro fattori, innanzitutto dalla coltivazione del respiro e dalla percezione del corpo come parte integrante dell’essere. Infatti, il corpo non è solo uno strumento per accedere all’anima, ma ne è intrinsecamente una componente essenziale. Acuta manifestazione della personalità individuale, il corpo è lo strumento, il canale dell’Io e dall’altra parte, l’Io si modifica attraverso le forze fisiche ed energetiche del corpo. In questa prospettiva camminare per ore, giorni e mesi, nell’identità fisica del pellegrino francescano, è a tutti gli effetti, una pratica di de-identificazione dai ruoli quotidiani che permette agli individui di aprirsi a nuove dimensioni dell’io.
In secondo luogo, nel silenzio dei passi si disciplina la mente e si manifestano spontaneamente le ricchezze interiori profonde che caratterizzano l’individuo in quanto tale. “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” è scritto in Matteo 6.21.
Sul cammino ciò che maggiormente ami emerge direttamente, come una specie di percorso più naturale verso l’espressione del cuore. Ti senti un essere luminoso che dà forma all’interiorità senza nessuno sforzo e senza nessun obiettivo. Spesso nella vita l’azione è indirizzata al tornaconto. Sul cammino no, proprio perché il viandante non si trova nella quotidianità, ma evoca i gesti del quotidiano. Il mondo del viandante agisce con le categorie della prima natura, quella dell’azione legata ai sensi, mentre la seconda natura, quella del pensiero e del mentale, è semplicemente messa da parte, per dare attenzione massima alla percezione sensoriale degli elementi naturali (sole, vento, usignoli, grilli, rane) e nel tempo presente.
In terzo luogo, rifletto sulla trasformazione che il movimento corporeo produce nella mente tramite l’azione del camminare. Spesso mi sono sentito come uno spettatore nel teatro naturale del paesaggio. Il ruolo dello spettatore è paragonabile a quello del testimone che osservando la scena del rito ne fa integralmente parte. Non è un caso che nei laboratori di teatro il primo esercizio che si propone solitamente agli allievi, consiste nel camminare lentamente percependo il peso del corpo che si sposta dal piede sinistro a quello destro. Stranamente questo semplice esercizio, che sono in grado di eseguire tutte le persone munite di due gambe, evoca lo spazio della rappresentazione, il luogo del gioco serio del teatro[1] che esercita un forte coinvolgimento nello spettatore e rende l’attore consapevole dell’azione: colui che fa l’azione si percepisce mentre la esegue. Come possiamo chiamare questo stato della mente? Testimonianza, consapevolezza, preghiera, meditazione, contemplazione. Ognuno scelga il termine più consono a definire un rito di purificazione nel quale mente e corpo interagiscono nella simbologia della cerimonia .
C’è un quarto punto che mi piacerebbe approfondire. Anche se non sono un medico, ho la netta sensazione che ci sia qualcosa di estremamente fisiologico che si attiva nell’organismo del pellegrino rendendolo particolarmente attento e vigile, qualcosa che aumenta la sua coscienza e regola l’equilibrio emozionale. Come in ogni corpo sottoposto alle attività sportive prolungate si ha un aumento dell’adrenalina, del battito cardiaco, del respiro, uno scambio più elevato di ossigeno nei tessuti dovuta alla circolazione e un consumo di maggior calorie.
L’organismo sul sentiero, sotto la pioggia, immerso nelle campagne, nel bel mezzo di boschi, di paesi, manifesta una sensibilità particolare e una speciale attenzione, forse dovuta proprio all’aumento di queste attività che alterano il metabolismo. Da numerosi studi, sappiamo che l’attività fisica innalza i valori della melatonina fino al 200% stimolando positivamente la ghiandola pineale[2] che è addetta alla funzione di regolatrice del sistema del sonno e della veglia…”
Walter Orioli
Walter Orioli è nato a Monza, classe 1952, è uno psicologo che ha sempre lavorato con i vari linguaggi dell’arte: scrittura, teatro, pittura, percezione. Infatti, viaggiando in ambiti diversi della cultura cerca di liberare la fantasia e la creatività dal peso della vita quotidiana e soprattutto da quello di una fraintesa fatica esistenziale.
Oggi questa leggerezza approda ad una nuova pubblicazione di pensieri che nasce dall’esperienza del camminare sul sentiero di Santiago de Compostela.
[1] W.O., Il gioco serio del teatro, Macro Edizioni, Cesena, 2006.
[2] La ghiandola pineale è una minuscola ghiandola endocrina, appartiene all’epitalamo, chiamata anche Epifisi posta posteriormente al terzo ventricolo e sotto il Corpo Calloso, praticamente al centro del cervello. La sua particolare collocazione anatomica ha alimentato ed alimenta tuttora molte suggestioni sul suo ruolo tanto che ad esempio Cartesio già nel XVI^ secolo vi collocava la sede dell’anima. La ghiandola pineale lavora in funzione dei cicli luce/buio rilasciando due ormoni principali: la serotonina di giorno e la melatonina di notte.