di Eleonora Duranti
Egon Schiele è conosciuto in particolare per i suoi nudi, spigolosi e sgraziati, provocatori e scandalosi, brutti, addirittura, e abominevoli per fruitori troppo sensibili. O soltanto ciechi. Poiché cieco è chi non coglie la bellezza dell’Espressione in ogni sua forma. Così come crudele è chi non si ferma davanti al tormento.
Abbracciami, uomo.
Tienimi stretta fra le tue braccia.
Cullami. Proteggimi. Consolami.
Lascia che mi rifugi contro il tuo petto. Che mi aggrappi al tuo collo. Alle tue spalle.
Permettimi di odorarti. Di mischiare al mio il profumo della tua pelle. Di auscultare il ritmo del tuo respiro.
La notte è lunga. Buia. E, spesso, mi fa paura.
Questo lenzuolo, però, è il mio porto sicuro. La mia isola felice.
Non mi dispiace condividerlo con te.
Il tuo corpo è caldo… Vigoroso… Possente. Viene spontaneo abbandonarvisi. Viene naturale…
I tuoi baci sono miele per le mie aride labbra… Le tue carezze, velluto per la mia schiena dolorante.
Ma…
Cosa c’è?
I miei capelli ti infastidiscono?
Sono troppo ricci?
Troppo rossi?
Troppo indomiti?
Suvvia…
Abbracciami ancora, uomo…
No…
Aspetta…
Non così forte.
Egon Schiele, Abbraccio, 1917. Olio su tela, 150×170 cm. Vienna, Österreichische Galerie