di Daniela Annaro
Lo scorso 9 ottobre avrebbe compiuto novantasei anni. Carla Accardi (Trapani 1924-Roma 2014) è stata una grande pittrice italiana, un’artista coraggiosa capace di dire no a Palmiro Togliatti e a Renato Guttuso e di proseguire e perseguire i suoi convincimenti ideali e pittorici, lei unica donna del gruppo Forma 1 (Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato).
Si proclamavano “marxisti e formalisti convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili“. E non deve essere stato facile in quei tempi di egemonia culturale da parte del Pci nel primo dopoguerra. Lei, ragazza siciliana, minuta e graziosa con quel bell’accento siculo che ha mantenuto per tutta la vita. E’ il Museo del Novecento di Milano, ora, a dedicarle la mostra.
“Carla Accardi. Contesti” curata da Maria Grazia Messina e Anna Maria Montaldo con Giorgia Gastaldon. Prima istituzione pubblica a dedicarle una rassegna monografica dopo la morte, propone una settantina di opere (dipinti, installazioni, plastiche sicofoil) che offrono l’opportunità di rileggere e di ritrovare la sua capacità sperimentativa e di continua ricerca, doti che hanno fatto di Carla Accardi la prima astrattista italiana riconosciuta a livello planetario.
Dopo aver studiato a Palermo e Firenze, arriva a Roma con il futuro marito Antonio Sanfilippo. Nel 1948 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia e negli anni successivi sue opere sono ospitate a Palazzo Strozzi e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna della capitale.
Fin dal ’52 il suo lavoro si sviluppa all’interno della pittura concretista, pittura non figurativa carica di simboli e segni. In un primo tempo sono tele in bianco e nero: dipinge seduta per terra, perché anche il gesto acquista importanza per affrontare la tela.
Negli anni Sessanta, quelli del boom economico, dopo l’incontro con due critici francesi, Michel Tapiè e Pierre Restany, lavora su grandi formati e introduce segni con colori primari. La tela si alleggerisce con “ripetuti ideogrammi che manifestano – commenta Restany – una scrittura simbolica, arcaica quanto magica e rituale”.
La svolta avviene nel 1965 quando con l’intento di realizzare dipinti di luce, Accardi adotta vernici fluorescenti che stende su fogli di plastica trasparente – i sicofoil -. Nasce così la serie dei Rotoli e dei Coni, sculture di plastica colorata che avranno il loro apice nella Tenda, una vera capanna percorribile e accogliente.
Sono gli anni Settanta, Carla condivide alcune istanze del movimento femminista e, nel frattempo, i suoi lavori sono all’insegna del superamento della tela, cornici e telai senza alcun segno “che intendono eliminare l’aura della pittura” come lei stessa precisa.
Ma negli anni Novanta, c’è un ritorno alla pittura, ai colori del Mediterraneo, al suo padre spirituale Henri Matisse. Nel 2004, alla luce di questa nuova fase di ricerca di luce, di colore, di spazio, sintetizza così il suo pensiero: “Prima commuovere e poi far capire”.