di Beatrice Arosio
Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una drastica transizione demografica. L’aspettativa di vita media e il numero dei soggetti molto anziani è cresciuto rapidamente in tutto il mondo e i centenari rappresentano il segmento di popolazione maggiormente in crescita.
Ogni due anni la segreteria del Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici della Nazioni Unite pubblica il “World Population Prospects”, ovvero un prospetto in cui viene stimato il numero globale delle persone viventi suddivise per fasce di età. L’ultima stima risalente al periodo prepandemico, ovvero anno 2019, riportava che 21.387.000 persone avevano più di 90 anni e di queste circa 573.000 erano centenari.
Nel 2019 gli Stati Uniti vantavano il numero più alto di centenari ovvero 72.000 centenari viventi, seguiti dal Giappone con 68.000 centenari.
Sarà interessante verificare le stime a fine anno dopo due anni di pandemia, anche se, secondo quanto pubblicato all’inizio di luglio dal quotidiano Il Sole 24 Ore, i centenari in Giappone hanno superato gli 80.000, un numero allineato a quello riportato nel “World Population Prospects” nel 2019.
Ma quali sono le caratteristiche di queste grandi anziani?
I centenari, per definizione, sono persone che vivono 20-30 anni in più rispetto agli altri componenti della stessa coorte di nascita, evitando o ritardando di gran lunga (20-30 anni) l’insorgenza delle principali malattie età-correlate.
Per questo motivo queste persone costituiscono una straordinaria risorsa per studiare sia le caratteristiche biologiche legate alla longevità, sia i fattori che proteggono dall’insorgenza delle principali malattie età-correlate.
A differenza di quanto si possa pensare, anche se nei centenari la disabilità funzionale è compressa negli ultimi anni di vita, molti di loro hanno una lunga storia di malattie legate all’invecchiamento.
I centenari, dunque, sono persone caratterizzate da una straordinaria capacità di adattamento e da una riserva funzionale inusuale che li rende in grado di vivere con malattie debilitanti (ma non fatali), ritardando di alcune decadi sia la disabilità che la morte.
La firma esclusiva che caratterizza queste persone così longeve è il risultato di una complessa interazione tra i geni e fattori ambientali in relazione agli stimoli esterni che ne hanno caratterizzato la loro lunga vita.
Ciascuno di loro invecchia seguendo una traiettoria d’invecchiamento personale e per questo i centenari sono caratterizzati da uno stato di salute molto eterogeneo.
Nonostante la straordinaria resilienza che tutti posseggono, i centenari possono essere suddivisi in: “survivors” ovvero quei centenari affetti da una malattia età correlata diagnosticata prima degli 80 anni; “delayers” quei centenari con una malattia diagnosticata ad una età corrispondente a quella dell’aspettativa di vita media delle persone nate negli stessi anni, e infine “escapers” quei centenari super performanti in grado di raggiungere il traguardo senza particolari patologie.
I cambiamenti fisiologici che portano i “survivors”, i “delayers” e gli “escapers” ad essere quello che sono, derivano da una strategia adattativa che tutti mettono in atto grazie ad una biologia in grado di bilanciare il declino funzionale tipico dell’invecchiamento.
Un esempio sopra ogni altro è rappresentato dalla demenza. E’ noto infatti come la demenza sia strettamente correlata all’invecchiamento. Ma altrettanto noto è che la demenza non è inevitabile a cent’anni. A dimostrazione una buona quota di centenari (dal 15% al 20%) possiede, infatti, una riserva cognitiva ben preservata.
E’ ragionevole pensare che in tutto ciò giochi un ruolo fondamentale un approccio positivo alla vita e una visione ottimistica della vita stessa. I centenari, in particolare, non solo posseggono un atteggiamento favorevole nei confronti della vita, ma anche una percezione migliore del loro stato di salute.
Il così detto paradosso dei centenari ci indica, ad esempio, che il numero di donne centenarie è maggiore, infatti le donne sono più longeve, ma lo stato di salute degli uomini che arrivano ad avere cent’anni è migliore.
Un’altra evidenza riguarda il condizionamento ambientale, ovvero i centenari sembrano concentrati in specifiche zone o regioni denominate “Blue Zones”.
Queste zone blu sono regioni dove le popolazioni condividono stile di vita, ambiente ed abitudini.
Anche se i centenari sembrano essere maggiormente concentrati in queste regioni blu, il loro stile di vita non differisce in maniera significativa dalle persone che hanno scelto di seguire uno stile di vita salutare e che vivono in grandi città. E’ la loro capacità di interagire con l’ambiente e i fattori che condizionano lo stile di vita che rende i centenari così differenti.
Anche l’Italia è un paese longevo e l’Ogliastra è una “Blue Zone”. Infatti a Perdasdefogu, qualche settimana fa, è stato raggiunto uno straordinario traguardo: su 1741 abitanti ben otto di loro hanno superato la soglia dei cent’anni.
Concludendo, la grande forza dei centenari è quella di essere stati capaci di adattarsi durante il loro secolo di vita a cambianti drastici riguardanti lo stile di vita, la nutrizione, il contesto lavorativo e sociale, per citarne solo alcuni di questi.
Non mi resta a questo punto che augurare cento di questi giorni!