di Francesca Radaelli
Il 9 marzo 1994 muore a San Pedro, negli Stati Uniti, Charles Bukowski. A ucciderlo, dopo una vita di eccessi, è una leucemia fulminante, a 73 anni. Scrittore cult, poeta, sempre sopra le righe, Bukowski è un personaggio che incarna ancora oggi tutto il fascino di un’esistenza borderline. I protagonisti dei suoi romanzi e racconti, primo fra tutti il celebre Henry ‘Hank’ Chinaski, sono veri e propri alter ego del loro creatore. Misantropi, alcolizzati e ossessionati dal sesso, iracondi e solitari. Vagabondi ai margini del ‘sogno americano’.
Heinrich Karl Bukowski – questo il suo nome di battesimo – nasce ad Andernach in Germania. Sua madre è tedesca, suo padre un sergente dell’esercito americano di origini tedesche, i due si conoscono in piena guerra mondiale. All’età di tre anni si trasferisce con la famiglia a Baltimora, quindi a Los Angeles. La sua infanzia è piuttosto infelice e a soli 13 anni beve il primo bicchiere di vino: “Questo mi aiuterà per tanto tempo”, scriverà in seguito. Dopo una giovinezza ‘contro’ in cui passa dalla frequentazione di gruppi nazisti all’estrema sinistra, cercando in tutti i modi di rifuggire dalla leva militare, inizia a scrivere i primi racconti che però non ottengono il successo che lui sperava.
Decide quindi di non scrivere più e per dieci anni resta fedele a questa decisione. Inizia a condurre una vita disordinata e vagabonda per gli Stati Uniti, svolgendo lavori saltuari, finché non si impiega come postino a Los Angeles. In questo periodo viene ricoverato in condizioni gravissime in seguito a una colossale bevuta fatta insieme alla compagna Jane Baker che gli ha procurato una terribile ulcera perforante. Curioso è il suo matrimonio ‘per corrispondenza’ con una poetessa della provincia texana, Barbara Frye, che decide di sposare senza avere mai visto prima. Divorziano dopo due anni.
Lui intanto ha ripreso a scrivere, pubblicando i suoi racconti su riviste indipendenti e underground. Nel 1967 esce a puntate il Taccuino di un vecchio sporcaccione, quindi nel 1969 arriva l’incontro decisivo con John Martin, futuro fondatore della casa editrice Black Sparrow: Martin propone a Bukowski di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, in cambio di un compenso mensile. Sono solo 100 dollari, ma Bukowski accetta e lascia definitivamente l’impiego alle Poste.
Nel 1971 esce il suo primo romanzo, autobiografico: Post Office. Il protagonista è Hank Chinaski, un postino ubriacone appassionato di corse di cavalli. Il romanzo ha successo, Bukowski inizia a tenere pubbliche letture delle sue opere in tutta l’America e pubblica le sue opere più famose. Dai romanzi Donne, Factotum e Pulp, alle raccolte di racconti dai titoli provocatori, come Storie di ordinaria follia e Compagno di sbronze.
I suoi aforismi cinici e disincantati sono ormai diventati proverbiali. Le sue poesie continuano a conquistare, andando oltre il presunto ‘obiettivo’ dichiarato nel titolo di una delle sue raccolte – Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze. La sua vita si confonde con quella dei suoi personaggi. Tracciare un confine tra realtà e finzione, tra ‘Hank’ Bukowski e ‘Hank’ Chinaski è impossibile. In fondo è anche questo che finisce per trasformare una vita ‘di ordinaria follia’ in un vero e proprio mito letterario.
Come scrive il critico Roger Ebert: “Un milione di uomini inizia a ubriacarsi per diventare un grande scrittore, e uno ce la fa”. Quest’uno è stato Charles Bukowski.
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