di Francesca Radaelli
Il 16 aprile del 1889 nasce, a Londra, Charlie Chaplin. O almeno, questo riporta la biografia ufficiale dell’artista, che fu attore, regista e produttore cinematografico. Diventerà famosissimo in tutto il mondo calzando i panni – pantaloni troppo grandi, bombetta e bastone da passeggio – del buffo e malinconico vagabondo Charlot, ma, all’epoca, la sua nascita non viene nemmeno registrata dal comune di Londra.
Figlio di un attore di varietà con il vizio dell’alcol e di un’attrice squattrinata, trascorre l’infanzia tra i quartieri poveri di Londra e gli orfanatrofi, iniziando a calcare il palcoscenico, accanto alla madre, all’età di cinque anni. Ancora bambino, insieme al fratello, lavora in numerose compagnie teatrali, fino ad approdare nella compagnia circense dell’impresario Fred Karno, specializzandosi nelle pantomime. Fu proprio al seguito di questa compagnia, presso cui lavorava anche Stan Laurel (il futuro Stanlio) che Chaplin sbarcò in America, negli Stati Uniti, dove nel 1913 ottenne un contratto per la casa cinematografica Keystone. Inizia così il periodo dei cortometraggi di Chaplin per il cinema muto, che lo resero celebre e popolare e diedero il via a una carriera punteggiata di grandi successi e, anche, di compensi milionari.
Nel 1914 veste per la prima volta i panni di Charlot, personaggio amatissimo dal pubblico a cui Chaplin è capace di conferire una fortissima carica di umanità, senza mai pronunciare una sillaba, ma facendo leva unicamente sulla mimica facciale e gestualità.
Nel 1919 fonda, insieme ad alcuni colleghi, una propria compagnia, la United Artists Corporation, trasformandosi in un produttore a tutti gli effetti. Nel frattempo vive vicende sentimentali piuttosto travagliate, si innamora spesso delle attrici che recitano con lui, spesso più giovani, passando attraverso una serie considerevole di matrimoni e divorzi. Intanto iniziano ad uscire i lungometraggi più famosi, da ‘Il monello’, con il piccolo Jackie Coogan, a ‘La febbre dell’oro’, da ‘Il circo’, a ‘Le luci della città’, fino a ‘Tempi moderni’, tutti con protagonista Charlot.
Sono però gli anni in cui il cinema sta vivendo una trasformazione decisiva: il passaggio dal muto al sonoro. Chaplin non può fare a meno di cimentarsi con il film ‘parlato’, ma deve abbandonare il personaggio che lo ha portato al successo. Sceglie infatti di non dare una voce a Charlot, personaggio nato con il cinema muto e che al cinema muto doveva il proprio successo. Ed è così che il vagabondo che ha fatto emozionare milioni di persone esce di scena, insieme a quel mondo silenzioso e poetico dei lungometraggi senza audio. “Non poteva parlare, non avrei saputo che voce usare”, dirà in seguito. “Come riuscirebbe a mettere insieme una frase? Per questo motivo Charlot ha dovuto darsela a gambe”.
Per Chaplin inizia una nuova avventura. Il primo film interamente sonoro da lui girato e interpretato è ‘Il Grande Dittatore’, uscito nel 1940, in cui l’attore si cala nel ruolo di Adenoid Hynkel, dittatore di Tomania: chiarissimo riferimento a Hitler che proprio in quegli anni governava la Germania. Si tratta di un’opera profetica, e di una pietra miliare della storia del cinema. Chaplin, come solo i grandi artisti – e spesso i grandi comici – sanno fare, coglie subito l’essenza del regime nazista e ne mette in scena i tratti più inquietanti. Famosissima la scena in cui il piccolo dittatore coi baffetti gioca con il mappamondo come fosse una palla, danzando leggero per la stanza, inebriato al pensiero di diventare padrone della Terra.
Ma girare un film come ‘Il Grande Dittatore’ in un momento in cui la seconda guerra mondiale era da poco scoppiata è soprattutto un forte atto politico. E proprio sul piano politico, nel dopoguerra, Chaplin entrerà in conflitto con l’establishment culturale americano. Se già nel 1929 l’attore aveva vinto il primo Oscar alla carriera dopo la seconda guerra mondiale, però, in pieno maccartismo, i suoi rapporti con Hollywood peggiorano, è accusato di filo comunismo e nel 1952 gli viene vietato di rientrare negli Stati Uniti (aveva mantenuto la cittadinanza britannica).
La riconciliazione avverrà in seguito, con l’assegnazione del secondo Premio Nobel alla carriera nel 1972, ma Chaplin non tornerà più a vivere negli Usa. Morirà in Svizzera nel 1977, lasciando un’eredità in bianco e nero fatta di comicità, poesia, leggerezza e tanta umanità.