di Laura Tangorra
da SCRIVERESISTERE, mensile di informazione, www.scriveresistere.it
Quando è arrivata la notizia della morte di Papa Francesco, ho avvertito un senso di perdita, di vuoto, credo che tutti ci siamo sentiti un po’ orfani, perché nessun nuovo Papa avrebbe mai più potuto essere come lui. Ho capito che Francesco era il mio Papa, quando ha detto questa frase bellissima:
“Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di povertà, uomo di pace”
E poi se n’è andato… Era l’8 maggio quando dal comignolo della Cappella Sistina abbiamo visto uscire fumo bianco. Mi ha preso un po’ di ansia pensando a quella che doveva scoppiare nel petto del cardinale prescelto. Lui era certamente consapevole del fatto che nel cuore dei fedeli non c’era ancora posto per un nuovo Papa, e non dev’essere stato un momento facile.
Quando si è aperta la tenda della Loggia centrale di San Pietro, mi batteva il cuore, lo ammetto, e non solo pensando all’ansia del nuovo eletto Papa. Ma quando il cardinale protodiacono ha iniziato a leggere la formula in latino, il mio cervello ha iniziato ad annaspare nel buio, alla ricerca di un nome solo: Francis II, perché volevo un Papa come lui.
“Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robert Francis (e qui il cuore ha saltato un battito) Sanctæ Romanæ Ecclesiæ Cardinalem Prevost (prevosto??) qui sibi nomen imposuit Leone XIV”.

Ma la scelta di questo nome, ha anche un altro significato che mi piace molto. Frate Leone era compagno inseparabile di Francesco d’Assisi. Era un uomo dotato delle virtù che più amo, l’umiltà, la semplicità. Era il confessore di Francesco e gli restò vicino fino al suo ultimo respiro.
Il nuovo pontefice ha tre, ma forse quattro primati: è il primo Papa nordamericano, il primo Papa agostiniano, il primo Papa missionario. E credo sia proprio il primo Papa laureato in matematica.
Sono certa che sarà un grande Papa perché ha un cuore missionario. Ha vissuto in Perù vent’anni, ricoprendo ruoli diversi, finché nel 2015 è stato nominato vescovo della diocesi di Chiclayo, nel nord ovest del Perù. Per raggiungere la gente nei villaggi più lontani e sperduti delle Ande, si spostava anche a piedi o a cavallo, come i vecchi missionari che si vedono nei film. È stato vicino ai più poveri, e chi conosce la povertà dà un valore diverso alla vita, a tutto. Ha uno sguardo più attento, ed è capace di dare valore alle diversità.

Don Luigi Ciotti ha detto una cosa molto bella: Leone XIV è un dono di Papa Francesco, che l’ha voluto cardinale appena in tempo perché venisse eletto Papa.
Nel 2023 gli chiese infatti di abbandonare il Perù, dove ha lasciato un vuoto enorme, e di venire a Roma. Lo elesse prefetto del Dicastero per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Poco dopo lo nominò cardinale.
“Che nome da Papa vecchio!” ho pensato, delusa.
Poi è arrivato lui, con una bella faccia da Papa sorridente. La folla applaudiva, gridava il suo nome, e in un primo momento questo affetto per il nuovo Papa mi ha quasi infastidita, mi è sembrato finto, eccessivo, perché in fondo nessuno lo conosceva. Per loro forse quella festa era rivolta alla figura di Papa, indipendentemente da quale persona fosse, ma per me non era così.
Lo osservavo quasi con diffidenza. Salutava con calore la gente che riempiva la piazza di applausi e urla. Ogni tanto abbassava le braccia, e restava lì come in attesa, quasi con imbarazzo… e chi non lo sarebbe stato. A un tratto ha iniziato a deglutire, deglutiva emozionato…con gli occhi lucidi… guardandolo così, il mio cuore si è spalancato e l’ha lasciato entrare.
La gioia della folla, che avevo visto un po’ come un tradimento nei confronti di Papa Francesco, ora era anche la mia, perché era la prima volta che vedevo sulla loggia un Papa emozionato. Era forse un po’ paura, ho pensato, forse avrebbe voluto scappare, e questa fragilità mi è piaciuta, ha detto tanto di lui.
Le scelta di quel nome, che avevo giudicato male perché antiquato, coperto di polvere, era solo un pregiudizio, e come talefrutto dell’ignoranza. La scelta di quel nome infatti, è pieno di significato, non certo di polvere.
Leone XIII, il Papa dell’enciclica Rerum Novarum (1891), affrontò per la prima volta la questione sociale (dalla parte dei più poveri, degli emarginati, gli invisibili) e i diritti dei lavoratori, dando il via alla dottrina sociale della Chiesa. È una questione fondamentale, e anche questo dice tanto del nuovo Papa.
A conclusione delle mie prime impressioni sul nuovo Papa, mi piace citare una frase che ho letto nella prima omelia di Leone XIV, durante la Messa celebrata nella Cappella Sistina con i cardinali: «Un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità, è quello di Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo».
Questo invito all’umiltà mi sembra emblematico, è la Chiesa che mi piace. Una chiesa povera, che esce dai palazzi e va a cercare chi ha bisogno. La chiesa missionaria di Papa Leone, che ha detto: “La mia vocazione come quella di ogni cristiano è l’essere missionario, annunciare il Vangelo là dove uno si trova”.