Christo, Daniele e la sindrome del padiglione Giappone

03Christo è un grande artista, un visionario del contemporaneo che da qualche decennio traccia con ogni sua opera un solco preciso e chiaro sul terreno a volte paludoso dell’arte contemporanea. Un giovanile ottantenne di origine Bulgara ma decisamente cittadino del mondo, il cui destino, a certificare un vecchio luogo comune, è legato all’incontro con una donna. Per cinquant’anni ( fino alla scomparsa di lei nel 2009 ) il marchio Christo & Jeanne-Claude ha significato per gli amanti dell’arte una garanzia di suggerimenti plastici, suggestioni materiche, emozioni poetiche e perfino riflessioni ambientali e architettoniche.

Nati nello stesso giorno dello stesso anno, Christo & Jeanne-Claude unendo la visionarietà di lui alla capacità organizzativa di lei, riescono a realizzare opere che si trasformano in eventi di massa e che muovono e smuovono pensieri, dibattiti, contraddizioni e qualche volta anche contestazioni.

images (1)Si dice artista di “land art” e forse è diminutivo. Opere monumentali e qualche volta tanto magniloquenti da risultare ( almeno a chi scrive ) un poco pretenziose, nascono e si inseriscono nel territorio e nel paesaggio ma avrebbero eguale dignità estetica e concettuale anche se fruite in contesti sterili quali musei o gallerie.

Lodevole e non certo casuale scelta dell’artista è l’auto finanziamento di ogni sua opera grazie alla vendita di quadri/progetto dell’opera stessa.L’idea che i guadagni personali di un artista vengano ( almeno in parte ) reinvestiti in produzione di altre opere di pubblica fruizione, credo valga da sola un encomio.

Detto questo l’opera”The floating piers “che si inaugurerà il 18 Giugno sul Lago di Iseo e che terrà in scacco l’intera area del lago per una quindicina di giorni ( previste decine di migliaia di persone al giorno ) fa nascere in me qualche riflessione di natura poetica o, meglio ancora, il dubbio di trovarmi dinnanzi oramai ad una forma d’arte piegata ad un nuovo manierismo tecnologico/economico.

Tutto questo pensavo quando alla mia mente appare l’immagine precisa di un ricordo che forse aiuta a spiegare meglio il mio lieve dubbio.

Non più di una quindicina d’anni or sono, a tagliare in due un laghetto artificiale, recupero di una vecchia cava fatta giardino, un artista amico ( Daniele Arosio ) realizzò “Sulle acque”, una passerella posta da riva a riva del laghetto; vi dice niente? Costruita in legno di recupero e pigmento blu e, soprattutto, realizzata solo e completamente dall’artista stesso.

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L’opera che ne risultava era, a mio umile avviso, di una misura perfetta. Suggeriva il passaggio, l’unione di due rive, la fragilità oggettiva e la forza ideale di quel “collegamento”

Il buon Christo saprà capire il mio “osare” ma la magia dell’arte consente pure queste giravolte, questi confronti da salto mortale. E’ la forza libera del pensiero e della suggestione che mette in moto la possibilità tutta personale di evocare, suggestionare, emozionare.

Certo che questo ricordo non solo mi induce ad un ovvio confronto ma anche cementa in me l’idea che, pur nel rispetto dei diversi linguaggi, un’opera, se importante e vera non necessiti di operazioni colossali.

foto03aIntendo dire che la sfida di lavorare con fil di ferro e spago, qualche volta risulta essere più importante e difficile che non con elicottero, laser e centinaia di operai.

Al bagno di folla, all’effetto astronave, all’ingegneria della rappresentazione forse ci siamo abituati e, un po’ come una dipendenza, chiediamo sempre di più. Mega eventi, enormi investimenti, social partner, sembrano essere attesi e un po’ scontati da chi ne aspetta sempre di maggiori.

Il timore è l’effetto “padiglione Giappone”, la vittoria del Musical sul quartetto d’archi, di Las Vegas sul borgo medievale.

Ma Christo resta un grande artista, uno dei miei preferiti, capace di smuovere e commuovere masse di gente comune e addetti ai lavori quindi, per quel che può servire un mio consiglio, non perdetevi “The floating piers” visto che, probabilmente, vi siete già persi “ Sulle acque”.

Enzo Biffi

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