12 novembre: Concita De Gregorio, un esempio per noi donne

concita-degregorioConcita De Gregorio arriva a cinquant’anni con una carriera che potrebbe essere, ed effettivamente lo è, invidiabile. Soprattutto per una donna, perché lei, in qualche modo, ce l’ha fatta. È un esempio e una meta. Eppure è una donna normalissima che con il solo aiuto della sua determinazione è arrivata prima a firmare per la Repubblica poi alla direzione de l’Unità per finire di nuovo tra le pagine del quotidiano che le ha dato popolarità: forse proprio per questo la sua storia e la sua carriera hanno tratti esemplari. Perché è la normalità che ha vinto. Normalità unita al merito, e qui dobbiamo battere il dito.

È quello che noi donne chiediamo a questa “Italia ridotta a bordello”. Poi si può giudicare il suo operato, le sue idee, la sua figura pubblica, il suo attivismo femminista e tanto altro. Ma di certo non si può negarle il valore che l’ha condotta ai posti più ambiti del giornalismo nazionale.

Al Festival del Giornalismo di Perugia del 2011, Concita de Gregorio ha analizzato la sua situazione di donna impiegata e attiva nel settore giornalistico-televisivo. Un intervento significativo, e, purtroppo, veritiero, testimone del reale. “Quando io ho cominciato questo lavoro, non mi ero mai posta il problema di essere donna. Poi però è cambiata la percezione e l’autopercezione nel genere femminile” soprattutto a causa dell’immagine della donna dipinta dai media. “Inoltre la crisi economica e la mancanza di lavoro portano le ragazze a inseguire modelli secondo cui, concedendo favori, si può diventare ricchi e famosi”. Un’involuzione, insomma. Un problema culturale, d’istruzione, di costumi e di politiche di governo.

Certo, generalizzare è un errore. Ma la sola presenza di donne pronte a vendersi al potere per farne parte crea disgusto e inficia il genere. Nulla di più vero, nonostante gli attacchi dal mondo femminista non manchino: troppo facile parlare dalle poltrone dei salotti borghesi, mondani o televisivi. Troppo belle le morali paternalistiche di una Concita vicina ai problemi delle donne che, però, appartengono a un mondo lontano anni luce dal suo. Ma prima di tutto la consapevolezza. Una consapevolezza che è rimedio e punto di partenza per il cambiamento. E oggi i media hanno il compito e il dovere morale di denunciare l’esistenza di donne normali, magari sopraffatte dall’uomo, che possono e devono riscattarsi. E per raggiungere tale obiettivo, donne come Concita sono necessarie. Lei ce l’ha fatta, possiamo farcela anche noi.

Da piccole testate locali, a grandi quotidiani nazionali. I vertici della sua carriera sono alla direzione dell’organo dell’ex Partito Comunista, dal ’91 privo di una corrente ideologica rappresentata e rappresentativa, perlomeno con la forza con cui si era caratterizzato sin dalla sua fondazione. A l’Unità ha forse fallito, o per lo meno, così si è detto. Ma anche questo è un tratto della normalità, che nel caso della De Gregorio risulta sin troppo acclamata. Direttrice con prole, si autoproclamava ai tempi de l’Unità. Normalità, appunto. “Concittina” avrebbe dovuto prendere le redini del quotidiano liberandolo dalla zavorra del passato, inutile e troppo di “sinistra per la nostra sinistra”. Alcuni passi avanti sono stati fatti, altri no.

Le firme, e la loro situazione di baratro e precarietà, non sono quantitativamente e qualitativamente cambiate, la linea editoriale neppure. Un’apertura nei confronti dei reali problemi sociali, però, c’è stata, così come l’ottenimento di un equilibrio economico. Nel luglio 2011, lascia il quotidiano, La Repubblica la accoglie di nuovo e Concita ritorna sui suoi passi, affiancando a questa attività la conduzione del programma televisivo, dal settembre 2013, “Pane quotidiano”. A cuore la situazione delle donne nell’Italia di B. Non tutte in fila per il Bunga Bunga, ci dice Concita. E queste sono le sue più belle parole. Anzi, queste sono le parole che più di tutte piacciono a noi donne, che più ci rappresentano.   http://concita.blog.unita.it/le-altre-donne-1.266857

Camilla Mantegazza

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