di Enzo Biffi
PRIMA STORIA – Cinque diciassettenni più uno, neo patentato, posto alla guida di una piccola utilitaria omologata per quattro. Vedere una pattuglia e pigiare sull’acceleratore per evitare un controllo deve essergli sembrata la cosa migliore da fare trascurando appena, oddio, l’attraversamento notturno a semaforo lampeggiante di una superstrada. Ne segue; breve inseguimento e mitra spianato, giovani poliziotti col cuore in gola e adolescenti col cuore quasi fermo. Calma; è andata bene.
E a volte è così umano il silenzio.
SECONDA STORIA
Un ragazzo esce di casa, lo vedo salutare due amici per strada, battute, qualche umana volgarità e la decisione di percorrere insieme un’imprudenza. Motorino, tre senza casco poi un posto di blocco, e agli amici non chiedi la fedina penale, quindi l’irragionevole fuga. Uno sparo.
A volte è così umano il silenzio.
TERZA STORIA
Un uomo crede al proprio lavoro, e rischiare la vita per il proprio lavoro è un atto di fede. Carabiniere giorno dopo giorno, e sono sensi all’erta e nervi tesi, giorni dopo giorni. Poi forse è stanchezza o disattenzione; maledetta, drammatica e irreparabile. Mezza volontà mezza casualità, e fra di loro un atomo appena. Uno sparo.
E a volte è così umano il silenzio.
INDIZIO
“Sono addolorato, con pudore voglio chiedere scusa alla famiglia”. Nessuno ti ascolta. Nessuno ci crede, scuse e pudore non vanno di moda, eppoi c’è sempre pronta all’uso una bandiera a cui dar aria, un tifo da urlare, un dogma da esibire, abbasso questo evviva quello.
E a volte è così umano il silenzio.
FINALE
Quella sera, su quella piccola macchina c’ero anch’io, avevo appena trascorso una serata in oratorio con gli altri cinque amici prima di decidere di stare ancora dieci minuti insieme accompagnandoci l’un l’altro a casa. Imprudenza. Tanti anni dopo, mi chiedo ancora se ringraziare le macchine che ci hanno evitati, o la lucidità di quei poliziotti, professionali e preparati.
Quante sono le volte in cui seduti sul bordo di un vulcano non sappiamo il motivo del colpo di vento che non arriva e che ci salva la vita?
Quali dei nostri impegni, programmi, sforzi, rischiano di frantumarsi al suolo come ceramiche delicate, per un solo attimo di distrazione ?
Olimpiadi perdute per un raffreddore, esami falliti per una sveglia rotta, malattie contratte per una leggerezza.
Cosi’ stiamo: tolleranti col destino ma intransigenti nei giudizi, forse a difesa del nostro fragile vivere, sentenziamo verità, scaviamo trincea sul fronte della nostra certezza, nemico sicuro e amico certo.
E a volte è così umano il silenzio.
Non è obbligatorio avere delle opinioni chiare ne tantomeno è necessario esibirle. Il dolore che investe e travolge certi avvenimenti può, deve, imporre un silenzio elegante contro l’ostentazione greve delle nostre idee, costruite spesso su pregiudizi,mezze informazioni, voglia di ostentare il proprio credo… e a volte è così umano il silenzio.