E’ il 1878 e lungo le rive dell’Adda, dove la provincia di Bergamo incontra quella di Milano, Cristoforo Benigno Crespi fonda il suo nuovo opificio tessile. Dal nulla sorge uno stabilimento all’ avanguardia e un’area disabitata diventa la meta quotidiana di migliaia di lavoratori.
Per garantirsi la forza lavoro necessaria a muovere il nuovo cotonificio, Cristoforo Benigno Crespi non bada a spese. In pochissimo tempo nasce ben più della singola fabbrica: la famiglia Crespi compra i terreni necessari e costruisce tutto quanto possa aiutare i dipendenti a svolgere bene il proprio lavoro.
Ad ogni operaio viene affidata gratuitamente una casa con tanto di orto e giardino. Oltre a questo il personale dipendente può usufruire di molti servizi pubblici quali chiesa, scuola, teatro, dopolavoro, ospedale e piscina. Tutti rigorosamente commissionati e pagati dalla famiglia Crespi.
Oltre a questo, notevole importanza viene data all’innovazione e alla cultura, tanto che Crespi d’Adda è stato il primo luogo in Italia a installare un sistema di illuminazione elettrico. I Crespi, inoltre, fanno installare una linea telefonica privata al fine di collegare il loro castello con la residenza milanese. Questo è il motivo per cui, a Crespi, c’è ancora oggi il prefisso telefonico di Milano (02).
L’opificio, all’apice del suo splendore, arriva a contare 4.000 dipendenti; per l’epoca un numero grandissimo.
Quello che nasce dall’idea di Crespi e dalla matita di professionisti del settore come gli architetti Ernesto Pirovano e Gaetano Moretti e l’ ingegnere Pietro Brunati è il villaggio ideale per ospitare i lavoratori di un industria in forte espansione.
Crespi d’Adda è un ottimo esempio di capitalismo paternalistico, una particolare forma di imprenditoria che implica un legame strettissimo tra titolare e dipendente.
Allargando il discorso si può arrivare a dire che l’imprenditore detti la vita del dipendente, fornendo a quest’ultimo tutti quegli strumenti volti a scandire la propria vita all’interno di una società creata a immagine e somiglianza del magnate. Crespi d’Adda, dalla culla alla tomba.
Tuttavia ci si rende conto già negli anni 20 che l’idea di Crespi è destinata a fallire. La tecnologia sta percorrendo strade non previste che sfoceranno qualche decennio dopo nel boom economico.
In particolare due tecnologie si riveleranno rivoluzionarie: quella legata alla corrente elettrica e quella del motore a benzina destinato alle masse. Due fatti che porteranno un’automobile a casa di ogni italiano e che taglieranno le radici al concetto stesso di Villaggio Operaio.
Da qui si va infatti dritti verso la nascita del pendolarismo: la prima tappa verso il mondo del lavoro che oggi tutti conosciamo.
Il cotonificio comunque chiuderà i battenti solo nel 2003, dopo più di un secolo di onorata carriera. Il resto del paese è ancora oggi abitato (principalmente dai discendenti degli operai) ed è liberamente visitabile.
La bellezza architettonica del villaggio unita all’ottimo stato di conservazione e ad uno studio urbanistico di altissimo livello, basato su semplici principi geometrici (da un lato il quartiere residenziale e dall’altro la fabbrica) convinceranno infatti l’ Unesco a inserirlo nel patrimonio mondiale nel 1995.
fotografie di Giovanna Monguzzi Stefania Sangalli