di Francesca Milazzo
In Italia, sono in pochi, pochissimi, a conoscerlo. Cuno Amiet (1868-1961) è stato uno dei più importanti artisti svizzeri. Le sue opere vanno collocate sulla scia di Ferdinand Hodler (1853-1918). Elvetici entrambi, colleghi e amici per un certo periodo, i due avevano sensibilità e affinità artistiche diverse. Hodler è debitore con il suo simbolismo a una secolare tradizione tedesca, Amiet appartiene alla tradizione francese impressionista e postimpressionista.
A Mendrisio, nel Canton Ticino, in Svizzera, a pochi chilometri da Milano, sessanta dipinti e una settantina di opere su carta ne ricostruiscono la storia artistica, offrendo al pubblico italiano il piacere della scoperta di un ottimo pittore. La rassegna al Museo d’Arte di Mendrisio, la prima in Ticino e in area italiana, ha potuto contare su prestiti prestigiosi provenienti da tutti i musei elvetici, primo fra tutti il Kunstemuseum di Soletta, sua città natale.
Il giovane Cuno inizia a formarsi all’ Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, qui conosce Giovanni Giacometti, il padre del più noto Alberto.
Ce ne andavamo in giro per le campagne – scrive Amiet nel 1933 -e, quando incominciava a far freddo, il mio amico mi accoglieva sotto la sua ampia mantella italiana. Avevamo molti amici, ma noi due eravamo inseparabili.
E’ con Giacometti senior che Amiet va a Parigi . E’ il 1888. In Francia la pittura impressionista sta mettendo radici. Amiet non solo ne prende atto, ma introietta le innovative scelte compositive e cromatiche. Quattro anni dopo l’esperienza parigina, nel 1892, Cuno parte per Pont Aven, in Bretagna. E’ qui, nel paesino francese, che Paul Gauguin, nel 1886, aveva dato vita a una sorta di scuola. Quando lo svizzero Cuno vi arriva, Gauguin è già partito per i Mari del Sud, ma la sua lezione simbolista impregna le tele degli artisti che lì erano rimasti come, per esempio, Serusier.
La scuola di Pont Aven gli offre la possibilità di elaborare nuove teorie sul colore. Per oltre un ventennio, agli albori del Novecento, il suo lavoro viene guardato con estremo interesse. Cuno rappresenta una sorta di punta di diamante dell’avanguardia artistica elvetica. Oltre alla conoscenza della neo pittura francese, l’artista si confronta con il simbolismo tedesco: è tra i fondatori, con Kirchner, Heckel e altri, del gruppo “Die Brücke” che svilupperà l’Espressionismo germanico.
Una sperimentazione continua sempre improntata, però, a un forte senso di armonia tra uomo e natura. Paesaggi, nature morte, ritratti all’insegna della “gioia di vivere, joie de vivre” frutto anche delle sue scelte di vita. Vive nella campagna bernese a partire dal 1898, in un ambiente di intatta bellezza agreste. Un piccolo paradiso – come lui stesso lo definisce – che gli offre la possibilità di coltivare valori e sentimenti positivi di cui riempie i dipinti, mentre a pochi passi dalla neutrale Svizzera avvengono tragedie di portata storica. La retrospettiva di Amiet a Mendrisio rimarrà aperta fino al 28 gennaio 2018.