D-Orbit, la startup italiana che ripulisce lo spazio


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Luca Rossettini è un giovane imprenditore che molti avrebbero definito “cervello-in-fuga”. Ma Luca ha deciso di ritornare in Italia per far partire da qui un progetto che rivoluzionerà il mondo delle missioni spaziali. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo per farci spiegare come.

Chi è Luca Rossettini e come nasce la tua passione per lo spazio?

Fin da bambino ho sempre sognato di fare l’astronauta e ho programmato tutta la mia vita per raggiungere quell’obiettivo. Quando nel 2009 è uscito il bando per astronauti ESA, ho subito presentato la mia domanda assieme ad altri diecimila candidati. Nonostante sia riuscito ad arrivare quasi in fondo, se siamo qui a parlarne, significa che qualcosa è andato storto: il profilo psicologico… forse sono troppo matto per fare l’astronauta!

Così ho deciso di mettere in pratica tutti quei titoli di studio che avevo collezionato e di andarci per conto mio nello spazio… chiaramente cominciando dal risolvere il problema dei detriti spaziali, tra i più grossi problemi di questo secolo che impattano non solo sul settore spaziale ma su tutta la nostra società.  Ho quindi messo assieme una squadra iniziale di menti brillanti e indubbie professionalità e creato un’azienda che mi sta permettendo di dare un diverso contributo all’industria spaziale, portando innovazione in campi che fino ad ora sono stati trascurati.

  • Com’è nata l’idea D-Orbit e perché hai preferito l’Italia alla Silicon Valley?

Nel 2009 ho vinto una borsa di studio Fullbright per un certificate in business entrepreneurship in Silicon Valley, dove ho conosciuto Renato Panesi, socio fondatore e CCO di D-Orbit. In seguito ho cominciato a lavorare presso NASA Ames, in California, a piccoli satelliti innovativi, il cui cuore era costituito da smartphone. Parlando con alcuni astronauti avevo scoperto che la Stazione Spaziale Internazionale deve eseguire diverse volte all’anno manovre per evitare detriti spaziali. Mi sono informato, e ho scoperto che si tratta di un problema molto serio, che potrebbe compromettere in futuro la nostra abilità di accedere allo spazio. Ho concluso che il primo passo per risolvere questo problema problema era creare un dispositivo compatto e dal costo non solo accessibile ma addirittura inferiore si benefici economici resi al suo utilizzatore, da montare su satelliti di nuova generazione per garantirne una rimozione sicura a fine vita. Tornato dagli Stati Uniti, mi sono messo al lavoro per trovare capitali, e il resto è storia.

Ho voluto creare D-Orbit in Italia perché credo che il nostro Paese abbia delle risorse in campo tecnologico che vanno valorizzate. I nostri scienziati, ingegneri e progettisti spesso sono costretti ad andare all’estero per trovare opportunità di sviluppo professionale, perché la creatività e l’eleganza Italiane sono apprezzate in tutto il mondo. Eppure se chiedi a loro, molti sarebbero ben contenti di tornare e restare in Italia.

La capacità di risolvere i problemi e la grande flessibilità mentale tipiche degli Italiani è un patrimonio di valore incalcolabile per un’azienda che deve partire. Dal giorno zero abbiamo costruito l’azienda pensando in modo globale. Qui a D-Orbit vogliamo creare un approccio Italiano allo spazio, unendo una forte identità nazionale a un’apertura verso i mercati internazionali.

  • Lo spazio appare un mondo molto lontano per ognuno di noi, perché invece è così importante nella vita di tutti i giorni?

La diffusione degli smartphones dovrebbe togliere ogni dubbio riguardo all’importanza dello spazio nella nostra vita. Un terzo o più delle App che usiamo tutti i giorni usano mappe satellitari, geo-localizzazione, previsioni meteo, navigazione, telecomunicazioni, o, sempre più spesso, una combinazione di queste tecnologie.

C’è poi un insieme di applicazioni meno conosciute che garantiscono la nostra sicurezza in centinaia di situazioni, come la gestione del traffico aereo, la comunicazione con aree remote, il monitoraggio e la coordinazione dei soccorsi in aree colpite da disastri naturali, la modellazione di dinamiche climatiche secolari, e l’esplorazione del cosmo con telescopi e sonde spaziali, uno sforzo che ci aiuta a capire il passato del nostro pianeta e a immaginarne il futuro.

Lo spazio è il prossimo ambiente dove l’Uomo espanderà le prossime attività. È un terreno vergine dove tutto è possibile, e noi vogliamo aiutare a fare in modo che venga utilizzato con intelligenza.

  • D-Orbit ha recentemente lanciato una missione unica nella storia del progresso spaziale. Qual è l’obiettivo?

D-Sat è il primo satellite nella storia che ha la capacità di rimuoversi dall’orbita di lavoro in modo diretto e controllato al termine della sua missione tramite un dispositivo indipendente. È l’applicazione concreta del principio che ti ho spiegato prima: portare la sostenibilità nello spazio assicurandosi che qualunque cosa inviamo in orbita venga rimossa non appena ha terminato la sua funzione, generando benefici non solo per l’ambiente ma anche per chi oggi opera nel business spaziale.

Sul piano tecnico, D-Sat è un piccolo satellite completamente costruito da noi ed  equipaggiato con tre esperimenti scientifici, sviluppati da università e industria. Ciò che distingue D-Sat da altri satelliti della stessa categoria è la presenza di un dispositivo di decommissioning che ha il compito di ridurne la velocità orbitale al termine della missione, causandone il rientro controllato in atmosfera.

Il dispositivo è indipendente dal resto del satellite, e per questa ragione può essere attivato da terra anche se il satellite dovesse smettere di funzionare.

Durante la fase di rientro, un satellite viene disintegrato dall’attrito atmosferico, Per fornire un ulteriore livello di sicurezza, il nostro dispositivo permette di calcolare con precisione la traiettoria di rientro, in modo da garantire che eventuali frammenti residui si disperdano sopra l’oceano, lontano da aree abitate.

  • Quale sarà il prossimo passo?

Il dispositivo all’interno di D-Sat è una delle versioni più compatte del nostro D-Orbit Decommissioning Device D3, un sistema propulsivo che può essere adattato a satelliti di qualunque dimensione e operanti su qualsiasi orbita.

Il nostro obiettivo, che poi dovrà essere l’obiettivo di tutti,  è di installare un D3 su ogni satellite che verrà lanciato da oggi al 2025, fornendo un elemento chiave per una nuova generazione di satelliti sostenibili.

  • Hai un sogno nel cassetto?

Il sogno di andare nello spazio è ancora la cosa che mi muove. La differenza è che ho deciso di fare da me: l’obiettivo ultimo di D-Orbit è proprio quello di diventare la prima azienda di trasporto orbitale..

  • Siete senz’altro un esempio di eccellenza italiana nel Mondo. Migliaia sono i giovani che provano a realizzare un sogno. C’è stato un momento in cui avete pensato di non farcela e come avete reagito? Quale consiglio vorresti dare ai ragazzi?

In D-Orbit si arriva al mattino sapendo che ci saranno problemi e si va a casa contenti di averli risolti. Non ci sono momenti facili, anche se all’esterno può sembrare che tutto vada alla grande, le criticità sono molteplici. Ma non abbiamo mai pensato di non farcela: a testa bassa, l’incredibile squadra di D-Orbit ha scalato muri davvero all’apparenza insormontabili!. L’unico consiglio che posso dare ai giovani è di pensare in grande e seguire i loro sogni. Viviamo in un’epoca dominata da cattive notizie, ma la verità è che il presente offre opportunità impensabili fino a pochi anni fa, e che il futuro è nelle nostre mani. Nulla verrà regalato, quindi rimboccarsi le maniche e non mollare!

Ringraziamo lo staff di D-Orbit per la collaborazione nella realizzazione di questa intervista.

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