Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri
Rigore. Tiro. Rete! Messi porta l’Argentina momentaneamente in vantaggio (alla fine perderà 2 a 1) al debutto ai Mondiali in Qatar contro l’Arabia Saudita martedì 22 novembre.
“Dedico sempre i miei gol ai bambini sfortunati di tutto il mondo – ha dichiarato Lionel Andres Messi Cuccittini, conosciuto universalmente come Leo Messi, nato 35 anni fa a Rosario da genitori di origini italiane, precisamente marchigiane – perché non dimentico che in casa non c’erano i soldi per curarmi e solo grazie alla beneficenza ho sconfitto la malattia”.
Nel 2002 Messi mi aveva raccontato la sua storia. “Avevo 11 anni quando mi era stata diagnosticata una forma grave di ipopituitarismo (deficienza di secrezione di somatotropina) – mi spiegava la Pulce come è stato soprannominato per la statura – ma la mia famiglia non aveva 900 dollari al mese che servivano per curarmi”.
Se ne fa carico la squadra del Barcellona che lo invita in Spagna dove iniziano le cure e parallelamente prende il via la carriera stellare che lo porterà a conquistare 35 trofei tra i quali 7 palloni d’oro. Un record.
Ma il suo vero record riguarda la generosità verso i bambini che soffrono. Ogni occasione è quella giusta, specie se d’intensa felicità.
Come il giorno delle nozze con Antonella Roccuzzo, di origini italiane e sua compagna delle elementari, in cui ha devoluto in beneficenza attraverso Fundación Leo Messi creata nel 2007, le offerte degli invitati “mi sento in colpa se sono felice e so che c’è un bambino in qualche parte del mondo che soffre”.
Stessa profonda motivazione alla nascita di ciascuno dei suoi tre figli Thiago, Mateo e Ciro “li tenevo tra le braccia al colmo della felicità e pensavo a quei bambini che non hanno qualcuno che li aiuti”.
La partita personale contro le malattie l’ha portato a scendere subito in campo contro la pandemia donando 1 milione di euro da dividere equamente tra Hospital Clinic in Catalunya e Fondazione Garrahan in Argentina “mi sono assicurato che gli operatori sanitari fossero pagati in tempo”.
Il calciatore più bravo e più generoso del mondo, Ambasciatore di Buona Volontà Unicef, è anche il più sensibile verso i bambini ammalati e senza la possibilità di curarsi. Ha detto subito sì al progetto No Child With Leukemia insieme alla Josep Carreras Leukemia Foundation “regalare un futuro pieno di gioia ai bambini è il dovere di ogni uomo”.
Per dare un calcio alla sfortuna cosa c’è di meglio che una statua del proprio piede? E’ successo nel marzo 2013 in Giappone dove una effigie d’oro del piede sinistro di Leo che pesava 25 chili è stata venduta per 5,25 milioni di dollari “per sostenere le piccole vittime del terremoto e dello tsunami di Tōhoku del 2011”.
Da una sola scarpa a un intero paio. Le ha messe all’asta Christie’s per il progetto di un ospedale per bambini in Kenya “le scarpe del mio 644° gol per vincere la malattia”.
Dalle scarpe alle magliette. Ben tre messe all’asta per permettere a tutti i calciatori sudamericani di vaccinarsi in vista della Coppa America “il calcio mi ha salvato la vita e per molti giovani giocatori è l’unico motivo di vita”.
Solo altruismo o frutto dell’insegnamento cattolico ricevuto in famiglia? “Sono profondamente credente ed è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita abbracciare Papa Francesco…”.
Quando gli chiedono qual è il ruolo che preferisce, la risposta è sempre una: “aiutare i piccoli sfortunati”. Ruolo che interpreta alla perfezione come fa in campo.
Ha donato 30 milioni di euro per la costruzione del SJD Pediatric Cancer Center il centro pediatrico di oncologia più grande del mondo presso l’ospedale Sant Joan de Deu di Barcellona “non dovrebbero esistere le lacrime per i bambini”. Non solo. Ha partecipato con 200mila euro alla scoperta, presso lo stesso ospedale catalano, di un farmaco per combattere il rabdomiosarcoma, malattia che colpisce bambini e adolescenti “un piccolo contributo per un grandissimo risultato che salverà milioni di bambini”. Altro che Pulce! E’ un leone, re della beneficenza.