Diario da Homs, Siria

di Janusz Gawronski (nella foto a destra). Dal Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, [email protected] – Prima puntata

Ringrazio l’amico Fabrizio per la proposta di raccontare a puntate sul Dialogo di Monza qualcosa di quanto sperimento in diretta durante un viaggio in Siria che prenderà le prossime settimane. È gustoso ritrovarsi fianco a fianco quarant’anni dopo l’ultimo avvistamento reciproco nelle aule del DES Bocconi, correva l’anno 1983. Oggi Fabrizio è tante cose, io un pensionato che ogni tanto svolge attività umanitaria.

Sono in Siria da qualche giorno, per più attività concomitanti, pianificate a titolo personale o per GasMuha Empowerment Project mesi prima del terremoto del 6 febbraio. In Siria dall’Europa si entra solo via terra, dal Libano.

Ti accorgi che stai entrando quando superi l’ultimo check point libanese, ti addentri nella terra di nessuno, finalmente ti appare la prima di infinite gigantografie del presidente siriano, a ricordarti che qui tutto dipende da lui.

In un paese dalle città ancora distrutte, che ha perso il dominio dei cieli ed è bombardato dall’ingombrante vicino forse duecento volte l’anno, l’embargo occidentale voluto per retribuire certe azioni, di fatto distrugge l’economia delle persone qualunque, fa il solletico a chi comanda. È una storia arcinota che si può approfondire.

Oggi parlo della prima tappa del viaggio, a Homs. Qui la prima attività, a titolo personale, è stata di partecipare all’ordinazione del nuovo arcivescovo della città: il mio caro amico monaco Jacques Mourad, di Aleppo, fondatore con il gesuita Paolo Dall’Oglio della Comunità Monastica di Deir Mar Musa nel deserto fra Homs e Damasco.

Come ogni uomo sono assetato di testimonianza autentica, non importa da dove arrivi, purché parli un linguaggio che posso riconoscere come rispondente al dato di realtà, rispondente alla estrema sofferenza che ci circonda ovunque – non solo in posti come la Siria, dove è anzitutto materiale, ma anche da noi in Italia, dove i giovani sono confusi, guardano agli adulti senza ricevere modelli convincenti.

Per questo è un onore, fonte di vita, mi fa bene come vivere in montagna, partecipare a tratti alla vita di questa piccola comunità di Deir Mar Musa, di appena sette monaci e monache, comunità già così conosciuta per la forza del suo carisma, che sta facendo compiere a Roma un salto quantico di apertura teologica verso le altre fedi. “Apertura interreligiosa” può suonare poco utile, tardivo, antistorico, irrilevante, ammuffito, ma non è così.

La vita e il benessere di decine e centinaia di milioni dipendono dalla maturazione di un nuovo rispetto e comprensione reciproci. Parlo di finire, con un riconoscimento di fratellanza, fede in un unico Dio, comune destino, finire nell’unico modo possibile la lunghissima scia di sangue che accompagna l’uomo fino a questi giorni, queste ore.

Qui in Siria sospetto e paura hanno prodotto eccidi indicibili fra musulmani, teoricamente fratelli di fede, fra musulmani e cristiani, in tutte le possibili combinazioni di alleanze, tradimenti, soluzioni finali. Conseguentemente il paese oggi è allo stremo sotto tutti i profili. Per questo l’avanzamento di un uomo di pace e giustizia alla guida della Chiesa Siro Cattolica è così importante.

Non punta al proselitismo, l’avanzamento di qualche metro di una parte cristiana a svantaggio di un’altra. Si tratta di muoversi insieme a compassione dell’uomo che soffre, senza fargli l’esame del sangue del suo passato e convinzioni. Infatti Jacques da sempre aiuta tutti, cristiani e musulmani, i musulmani per primi sanno che quando non c’è più speranza c’è ancora quel piccolo avamposto nasaara, nazareno, cristiano, dove nessuno è respinto.

Ecco dunque spiegata la bellezza, la commozione percepita da migliaia di persone durante la cerimonia di “intronizzazione” del nuovo vescovo (letteralmente viene sollevato tre volte dai suoi colleghi su una poltrona). È stata importante per il paese, perché Jacques ha un lungo passato di impegno in difesa degli ultimi, sostegno dei cristiani e musulmani perseguitati. Jacques è stato rapito e detenuto per cinque mesi dal Daesh.

Diversamente da Paolo Dall’Oglio è riuscito a scamparla, fuggendo grazie a un amico musulmano che ha rischiato la vita per liberarlo. In Europa, Canada, Australia, centinaia di siriani devono un collocamento dignitoso a questo monaco instancabile, che dialoga con tutti, si sottomette a tutti, convince tutti, mantiene la schiena dritta davanti a tutti, i potenti in primis.

Infatti erano presenti i rappresentanti di tutte le chiese cristiane, e anche delle comunità islamiche, tutti senza distinzione erano lì a celebrare questa ascesa, promettere fronte comune e collaborazione, non si era mai vista una unità così fra le persone di buona volontà, già questo è un grande punto a favore del corso che inizia.

Parimenti è stata notata come segno emblematico l’assenza alla cerimonia di esponenti del governo: quando un non-fatto parla come libri interi. Allego qualche immagine che ho scattato: rendono l’idea della situazione di Homs, contrapposto al clima di festa per questa promettente nomina.

Rimando a prossimi interventi altre osservazioni dal vivo e le attività di GasMuha Empowerment Project in favore della gioventù universitaria siriana.

 

 

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