Scozia, primi anni del Novecento: in una strada popolare di un paesino minerario vive una piccola comunità di lavoratori, fra essi c’è Tam Docherty con la sua famiglia, composta dalla moglie e dai quattro figli. Tam è diverso dagli altri uomini della zona, piccolo di statura eppure dotato di grande forza fisica, rispettoso e benvoluto da tutti, si distingue dagli altri perché dedica tutto il suo tempo al lavoro e alla famiglia, e non lo si vede mai ubriaco. Figlio di un irlandese emigrato in Scozia, è in contrasto con la propria famiglia di origine perché, dopo aver sposato una donna di fede protestante, si è allontanato dalla Chiesa Cattolica, senza peraltro convertirsi alla religione Anglicana. Malgrado le divergenze, quando suo padre resta solo egli non esita ad ospitarlo nella sua piccola casa, per evitargli il triste destino di finire in un ospizio.
Tam crede nella dignità dell’uomo, ha un grande amor proprio e sente in modo forte l’appartenenza alla comunità mineraria, ma l’arrivo della Prima Guerra Mondiale e i cambiamenti sociali che ne conseguono, le sconfitte sindacali dei minatori, che combattono per avere maggiori diritti, e le divergenze con i figli, che lo accusano di non sapersi adeguare ai tempi, faranno crollare le sue certezze, trascinandolo in una crisi di identità.
Scritto nel 1975, e tradotto recentemente per la prima volta in Italia da Carmine Mezzacappa per la casa editrice Paginauno, questo romanzo è una delle opere più rappresentative dello scrittore scozzese William McIlvanney, nato nel 1936 e morto nel 2015, che è stato uno dei maggiori scrittori scozzesi contemporanei, saggista e romanziere capace di conciliare la letteratura poetica con la denuncia sociale, ambienta questo romanzo in una cittadina che ricalca fedelmente Kilmarnock, luogo in cui nacque.
Docherty è sicuramente un testo inseribile a pieno titolo nel filone del romanzo industriale, che riporta le condizioni di vita e di lavoro dei minatori e degli operai dell’epoca, ma è soprattutto un’opera che parla di persone, imperniata sui difficili equilibri di convivenza fra i protagonisti, in una situazione economica sempre precaria e, in ogni caso, di estrema povertà.
Tam vorrebbe per i suoi figli un futuro migliore del suo, desidera che Conn, il più piccolo, possa continuare a studiare pur sapendo di non essere in grado di poterlo mantenere a scuola, e, infatti, anche il ragazzo entrerà a lavorare in miniera con lui. Le aspettative deluse, i desideri irrealizzati, la lotta quotidiana per la sopravvivenza e le naturali divergenze fra i componenti della famiglia Docherty vengono raccontati da McIlvanney con delicatezza, sensibilità e poesia, in questa saga familiare in cui ogni personaggio è caratterizzato con cura, con le sue tante sfaccettature.
Ne risulta un’opera intensa, che ha il sapore del romanzo classico e il fascino della narrazione moderna, un piccolo capolavoro di uno scrittore ancora troppo poco conosciuto.
Valeria Savio