Don Chisciotte: pazzo o sognatore?

di Francesca Radaelli

Don Chisciotte e Sancho Panza visti dalla platea fanno davvero ridere. Del resto quella nata dalla penna di Cervantes ai primi del Seicento è una coppia comica formidabile e immortale: l’hidalgo che in preda alla follia cavalleresca scambia mulini a vento per giganti e pecore per saraceni e il contadino, suo scudiero, che bada solo ad avere la pancia piena. A impersonarli sul palcoscenico – lo scorso weekend al Teatro Manzoni di Monza – sono rispettivamente Alessio Boni e Serra Ylmaz (inedito Sancho Panza al femminile), entrambi perfettamente calati nella parte.

L’ironia non manca all’interno dell’adattamento del testo di Cervantes curato da Francesco Niccolini per lo spettacolo, che vede alla regia gli stessi Niccolini e Boni con Marcello Prayer e Roberto Aldorasi. E la comicità passa anche attraverso la figura irresistibile del cavallo Ronzinante, una sorta di pupazzo meccanico azionato da un attore posizionato all’interno che gli permette di avanzare attraverso le ruote posizionate al termine delle zampe e di muovere il muso come una marionetta. Così come attraverso le caratterizzazioni dialettali dei personaggi minori: dal siciliano della terribile  moglie di Sancho al romanesco dei pastori.

Eppure quando sono altri personaggi a deridere il cavaliere sognatore prendendosi gioco di lui – la coppia di nobili duchi non per caso raffigurati con le stampelle – ecco che non ci viene più da ridere: ci troviamo improvvisamente dalla parte di don Chisciotte della Mancia.

L’uomo che, trovandosi accanto al letto la Morte in persona con tanto di falce in pugno, non accetta di morire in modo banale, ma va in cerca di una morte da eroe. L’uomo che sogna talmente forte di essere un cavaliere da romanzo al punto di vivere sul serio avventure da cavaliere – seppur tragicomiche – contro quelli che lui vede come giganti e saraceni. Il cavaliere animato solo dall’amore per la sua Dulcinea e dalla ricerca dell’onore in battaglia, e che non rinuncia ad avere degli ideali in un mondo popolato da nobili zoppi e contadini ottusi.

Don Chisciotte è un pazzo perché non si accontenta della realtà in cui vivono il suo scudiero e tutti i personaggi che incontra, delle logiche che la governano. Ad esse contrappone il mondo ideale della cavalleria. Un mondo che talvolta prende forme oniriche e fa capolino tra alcuni elementi della scenografia, oppure che si rivela dentro al pozzo in una danza di figure enigmatiche. Un mondo che forse non è mai esistito se non tra le pagine dei romanzi. Forse…

E se invece avesse ragione lui e fossero tutti gli altri ad essere prigionieri degli inganni del mago Sacripante? Se davvero i mulini fossero giganti e le pecore saraceni? Se davvero Dulcinea fosse la donna più bella del mondo? Se davvero le azioni del cavaliere sognatore avessero un senso?

Se fosse così, forse, questo mondo avrebbe davvero l’opportunità di diventare migliore.

Grazie a don Chisciotte naturalmente. E ai sognatori senza macchia e senza paura come lui.

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